30 ottobre 2006

Mister Magoo a Palazzo Chigi

Non credete anche voi che Romano Prodi sia un cartoon che non fa ridere? Un Mister Magoo in tutto e per tutto, irremovibile, incosciente e testardo nella sua ostinazione a voler ignorare la realtà che lo circonda.

Avete presente il simpaticissimo mr. Magoo del disegno animato? Quel vecchietto fortemente miope che però rifiuta di indossare gli occhiali e, con serafico sorriso, si caccia nei pericoli mortali senza mai averne la percezione?

Bè, tutta la biografia del grande burocrate bolognese sembra scritta dai cartoonist americani creatori di quel personaggio del fortunatissimo fantasy.

Da sempre Romano Prodi pedala sul precipizio delle istituzioni e della politica convinto di stare sulla pista ciclabile di un bellissimo parco padano.

Qualche esempio? Il primo che viene alla mente riguarda i tragici giorni del rapimento Moro: l’Italia era sprofondata nell’angoscia e nel terrore, mentre il mr. Magoo giocava coi piattini e scriveva su biglietti nomi da cardiopalma, costringendo i Moro, l’esercito, i servizi, il governo a correre a Gradoli, tutti animati dalla speranza poi delusa dal nulla di fatto.

Chiunque sarebbe stato inquisito per questo inaudito comportamento ma non il fortunato Magoo padano, lasciato tranquillo nell’incoscienza della sua miopìa mentale.

Fantastici sono stati i suoi anni da presidente dell’Iri! Accadde di tutto! Si svendettero aziende dello Stato a due lire per compiacere amici e parenti. Si pagarono tangenti, si riunirono consigli dei ministri contro di lui; venne sfiduciato dai suoi stessi collaboratori, si mossero eserciti di imprenditori, avvocati, magistrati in una bolgia di valutazioni, svalutazioni e rivalutazioni delle proprietà del contribuente, senza che il perenne sorriso di Prodi si rannuvolasse un pò.

Divampò “mani pulite”, il sorrisone prodiano fu messo a dura prova, ma solo per poco, perchè venne anche questa volta graziato! Fu proprio l’implacabile giustiziere Di Pietro a scioglierlo da ogni sospetto, mandandolo a casa sereno mentre altri si suicidavano in carcere o nelle proprie stanze.

Grazie a questi e ad altri “meriti” divenne Presidente del Consiglio di un Governo incapace e complottista. Subì lo sgambetto dai suoi stessi compagni, prima di riuscire a farne qualcuno lui. Ma neppure questa volta cadde! Fu anzi catapultato a Bruxelles col massimo incarico: Presidente della Commissione UE!

A questo punto diventa quasi inutile, (non che non lo sia stato anche prima per la maggior parte degli informati lettori) raccontare come mr. Magoo attraversò i quattro anni da leader dell’Unione. Sintetizzando si può dire che passò indenne scandali finanziari, attacchi feroci dalla stampa internazionale, guerra in Iraq, disastro dell’euro, sconfitte referendarie sulla Costituzione nata morta e accidenti vari allargati a 25 nazioni aderenti all’UE.

Ce ne sarebbe stato abbastanza per demolire la carriera politica di chiunque, ma non quella di Prodi, pronta a essere rilanciata come se niente fosse (tra acrobazie e funambolismi di sigle e di alleanze ogni giorno più fantasiose), dagli stessi alleati che lo avevano tradito pochi anni prima.

Nonostante il voto contrario degli Italiani è entrato a Palazzo Chigi convinto di essere il leader della compagine di governo che lo schifa!

Come si sa non è neppure precipitato nel baratro dello scandalo Telekom Serbia di cui non vide mai nulla pur essendo il principale referente dell’affair.

Da vero personaggio di fantasia non si è accorto neppure di aver dolosamente e pericolosamente interferito sui piani aziendali della Telecom Italia e si è scansato da ogni accusa relativa con grande velocità.

Il Paese è in rivolta, ma l’unico a non accorgersene è lui. Ride e scherza mentre la canea degli opinionisti si alza prefigurando il dopo Governo Prodi. Ma che fa? Nulla sta avvenendo per l’ottuso mister Magoo che ilare procede tra le frane della sua maggioranza promettendo al mondo cinque anni di Governo stabile e incredibilmente sexy!

L'analisi di Parbleu!

Tags: Politica, Romano Prodi, Mister Magoo, IRI, Unione Europea, Palazzo Chigi

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28 ottobre 2006

I due impostori del transgender

Vladimiro Guadagno in arte Vladimir Luxuria è uno dei miracolati della sinistra comunista.

Un fenomeno mediatico nato e cresciuto nel mondo del travestitismo iperesibizionista, confuso tra migliaia di colleghi che hanno potuto, grazie ai palcoscenici sgarrupati di un tempo e a quelli sempre più dorati di oggi, evadere e salvarsi da un destino purtroppo segnato dalla prostituzione, comune a tanti come lui.

Un gay quindi come ce ne sono a centinaia di migliaia che, diversamente dall’on. Franco Grillini (leader incontrastato dell’Arcigay e del movimento gay pci-pds-ds), ha scelto di sedersi tra i banchi della Camera esibendo un look appariscente, appena più sobrio di quello che usa sulle scene..

Oggi provare ancora un sentimento di rispetto per le Istituzioni e i luoghi dove esse hanno sede è diventato un disvalore agli occhi di molti, a cominciare da coloro che ne dovrebbero essere i gelosi e attenti guardiani.

Pertanto se si esprime apprezzamento per il look consono al ruolo e all’ambiente adottato dal su citato Grillini e da un altro gay come Pecoraro Scanio, disapprovando quello dell’on. Guadagno, si viene, senza possibilità di appello, bollati come intolleranti reazionari.

Il rispetto per ciò che è esterno a noi passa solo attraverso quello fondamentale dovuto alla nostra persona e alla nostra dignità, prerogativa che non si compra al supermercato e non la si impone a nessuno, tantomeno a Vladimir Luxuria.

Però l’episodio di ieri, quello dentro i bagni delle signore Deputate di Montecitorio, lascia interdetti coloro che conoscono il significato di certi termini nati nell’universo non eterosessuale e dei quali Guadagno fa un uso improprio.

Il nostro si definisce transgender, che significa essere fuori, al di là, al di sopra delle categorie di genere! Ma poi rivendica il suo essere donna e il diritto di usufruire delle toilette ad esse destinate.

Ma non basta! Dichiara di sentirsi a suo agio solo nei locali igienici frequentati dalle signore e molto in imbarazzo in quelli degli uomini.

Un transgender non può affermare dei gusti sessuali così netti, chiedetelo a Helena Velena, già da tempo spietata accusatrice dell’impostore Vladimir Luxuria.

Ma per un eletto tra i rifondatori dei comunisti che si autodefinisce, senza esserlo, super partes (sessualmente parlando) ce n’è un altro ben più importante che ormai non si finge neppure più transgender (partiticamente parlando) ed è il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti.

La sua gestione di Montecitorio è costellata di episodi di partigianeria verso il suo partito, la sua maggioranza e il suo Governo, per nulla rispettosi dei diritti di tutti gli eletti in Aula.

Inoltre le preziose sale del Palazzo di cui Bertinotti dovrebbe essere custode ospitano spesso e volentieri personaggi no global, filo terroristi, antisemiti che vi fanno echeggiare parole che definire fuori luogo, è solo un eufemismo.

Sarà anche grazie al “compagno presidente”, come lo chiamò Rina Gagliardi, intervistandolo alcune settimane fa per Liberazione, se il tanto contestato nome di Carlo Giuliani entrerà a intitolare una sala che Rifondazione Comunista ha scambiato per sua proprietà privata.

L’unico aspetto transgender che unisce la coppia Luxuria- Bertinotti forse è nell’appartenere al partito che rifonderebbe il comunismo stando in una maggioranza che millanta liberalismo.

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Tags: Politica, Camera dei Deputati, Vladimir Luxuria, Elisabetta Gardini, Fausto Bertinotti, Transgender

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25 ottobre 2006

Il velo e lo scialle

Da quando in Italia è esploso il dibattito sul velo islamico (non da oggi) è capitato spesso di sentire i soliti relativisti argomentare il proprio giustificazionismo ricordandoci il capo e il volto coperti delle donne italiane del secolo scorso.

Tra la nostra classe politica di sinistra il vizietto di storicizzare fatti di mille, di trecento o di cinquant’anni fa, per farci sentire responsabili di colpe mai commesse dalla nostra generazione, vittima piuttosto di una violenza attualissima e diffusa in un certo mondo islamista, c’è pure irresponsabilmente anche un personaggio tutt’altro che secondario come Giuliano Amato, Ministro dell’Interno.

Dopo questa premessa, eccovi qui una storia vera di una donna occidentale felice di essere coperta dalla testa ai piedi.

Sarda, classe ‘911, carattere di ferro, cattolica praticante, marito e figli rispettosi e ossequiosi della sua autorità, A. viveva immersa nelle sue solide tradizioni culturali.

Una donna cresciuta con indosso gonne lunghe e scialli per coprire i capelli, il busto e qualche volta il viso, quando andava per strada.

Una madre di famiglia, divoratrice di libri, decisionista e programmatrice che in casa, in giardino, nell’orto, al di qua del cancello, insomma, mostrava la testa e le braccia scoperte ma poi, prima di varcare quel confine, meccanicamente scompariva sotto le coltri colorate del suo tradizionale abbigliamento.

Ebbe quattro figlie che non vestì mai come lei, ritenendo quello che veniva definito “alla continentale” il modo di vestire più adatto per il loro tempo.

Non fu certo la tv (praticamente sconosciuta nell’isola degli anni cinquanta) a influenzarne la decisione, quanto la lettura di riviste come “Famiglia cristiana” di cui fu fedelissima abbonata per oltre 50 anni.

Quando però la vita la portò a trasferirsi in quel “Continente” del quale pochissimo sapeva, ebbero inizio i suoi veri problemi.

Questa donna, ormai ultracinquantenne, si scontrò con una realtà sociale accessibile ai suoi figli, anche se tra problemi fisiologici di integrazione (prestissimo risolti), ma chiusa verso la sua diversità così appariscente.

Le vicine di casa pedalavano per strada portando pantaloni o gonne corte, i capelli sciolti e spesso anche essi corti, mentre lei si muoveva goffa e a disagio sotto gli sguardi stupiti e a volte canzonatori della gente.

I figli e soprattutto il marito la incalzavano ogni giorno affinchè dismettesse quel ridicolo “travestimento” e si adeguasse agli usi del suo nuovo paese.

“O ti compri una gonna corta e un fazzoletto qualsiasi oppure con me non esci più” la minacciava il marito. “Non voglio che tutti ti guardino come se tu fossi una maschera di carnevale”.

Che giorni! Che settimane! Che mesi di sofferenza per l’orgogliosa e caparbia donna della Sardegna dalle tradizioni secolari! Quello che si pretendeva da lei era davvero tanto. Le si chiedeva nè più nè meno che di denudarsi! Questo le suggerivano il suo senso del pudore e la sua dignità feriti.

Infine cedette. Si cucì le gonne corte, depose scialli, corpetti e gonnellone sul fondo dell’armadio, si ammodernò la crocchia di capelli e uscì tra la gente col pianto nel cuore e, qualche volta, anche negli occhi.

Gli anni passarono e la nostra A. dimenticò, stupendosi lei stessa, quel passato che ritornava ad emozionarla solo quando, come tutti i sardi sanno, assisteva alle grandi feste in costume ancora piene di vita nella sua Sardegna.

Si potrebbe, da questa storia comune a migliaia di donne emigrate dal proprio paese del sud, azzardare affinità con la condizione delle donne musulmane obbligate da minacce e da sure a indossare veli di ogni sorta ovunque si trovino?

Forse una c’è, ma riguarda solo quelle donne le quali, come la protagonista di questo raccontino, avendo conosciuto nella loro vita solo quel modo di vestire, si sentirebbero violentate se obbligate a scoprire ciò che mai avevano mostrato prima, specie se tutta la famiglia le vieta di farlo.

Il resto è solo segregazione. Autosegregazione e sottomissione della donna musulmana, oppressa da dure leggi che vanno ben oltre il rispetto di tradizioni da cartolina per turisti agostani.

Da Phastidio: ultime dall’Australia

Postato su Quote Intelligenti

Tags: Relativismo culturale, Velo islamico, Donne musulmane, Donne meridionali, Sardegna, Costumi tradizionali

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23 ottobre 2006

Capezzone, allora mandiamoli a casa, per favore!

“Presidente Capezzone, nulla da dichiarare prima delle vostre logiche dimissioni?”

E’ la domanda che sorge spontanea a chiunque conosca la lunga, martellante battaglia che i pannelliani ingaggiarono, per primi, contro i protagonisti (rimasti impuniti) dell’affair Telekom Serbia.

S’intitola: “Telekom Serbia---Presidente Ciampi, nulla da dichiarare?” il libro che raccoglie nomi, date, documenti, testimonianze sullo scandalo politico che ha avuto come protagonisti Prodi, Ciampi, Dini, Fassino, ecc.

Il libro è stato scritto in casa pannelliana, con postfazione dello stesso Pannella ed è stato acquisito agli atti della commissione di inchiesta su questa vicenda che ha dei risvolti a volte grotteschi e a volte tragici.

Quando uscì questo libro Capezzone era lo sconosciuto segretario di Radicali Italiani, Emma Bonino deputata europea con Pannella. Prodi era per tutti loro quel Presidente del Consiglio grazie al quale il dittatore comunista Milosevic aveva incassato miliardi di lire in pieno embargo delle NU. Miliardi spesi dal criminale per finanziare la sua pulizia etnica e potenziare la resistenza alla Comunità internazionale che ne chiedeva la resa.

Oggi Prodi è un amico (pure simpatico, ripete spesso Pannella) e Capezzone, Bonino (Pannella non ce l’ha ancora fatta) indossano i panni istituzionali che tanto agognavano. E con i panni nuovi hanno dovuto adottare un nuovo linguaggio consono alle cariche e allo schieramento che tanto generosamente li ha premiati.

Nuovi panni, nuovo linguaggio, nuovi giudizi politici!

Giudizi da giravolta a 180*che bisogna spacciare in qualche modo per giudizi critici all’attuale governo di sinistra. E’ dura ma le doti dialettiche non mancano di certo ai professionisti del parolaismo pannelliano. Ed ecco che il criticissimo presidente della commissione attività produttive ogni giorno solleva il presidenziale ditino contro la coalizione del Governo di cui fa parte.

Ogni giorno questa creatura di Pannella si conquista spazi nei media scritti e parlati, tra sperticati applausi trasversali, anche quando sembra non udire il maggiore imputato di Telekom Serbia autoassolversi da ogni accusa davanti al Parlamento.

Il giovane presidente non ha trovato nulla di provocatorio nel comportamento del suo capo di Governo, durante quell’audizione a Montecitorio, ma molto da censurare nelle contestazioni dell’opposizione, a suo diire prodottasi in una brutta figuraccia...(?!).

Nulla da dichiarare, quindi, presidente Capezzone, ministro Bonino, in ricordo di tutti quei militanti (ormai li possiamo definire militonti) pannelliani che per anni hanno sfidato l’omertà delle istituzioni, della stampa, di coppie come Bonini e D’Avanzo che lanciarono la pietra per poi nascondere la mano e non mostrarla più su tutto l’affair telekom Serbia?

La finanziaria impazza tra gragnuole di bocciature da ogni parte, dentro e fuori i confini nazionali, ma Capezzone “ammonisce” e abbaia senza mordere.

A chi gli chiede se i radicali della RNP voteranno contro quando, come appare scontato, il Governo presenterà la finanziaria senza le modifiche gentilmente richieste, egli risponde: “... speriamo che ci ascolti e recepisca le nostre proposte...”. Una non risposta che fa stare tranquillo Prodi sul sì di Capezzone e dei suoi compagni.

La commissione parlamentare del segretario dei pannelliani ha già, (come potrebbe essere diversamente?) approvato il terribile decreto allegato alla finanziaria.

E che dire dello scandaloso atteggiamento tenuto dai fedelissimi di Prodi in occasione di una delle pagine più brutte scritte da questo Governo sempre pronto a farsi beffe del Parlamento?

Una risoluzione presentata proprio dagli eletti radicali, votata all’unanimità da tutti i Deputati, viene dichiaratamente ignorata dal Ministro degli Esteri e questo non provoca l’uscita dovuta dalla maggioranza e una mozione di sfiducia a D’Alema, firmata dai sedicenti strenui difensori del diritto e delle regole democratiche, pronti ad immolarsi (prima di entrare a Palazzo Chigi) anche bevendo urina tra le ballerine di Costanzo la domenica pomeriggio.

Sono questi, ma molti altri ancora, gli atti di questa compagine catto-comunista, premiata proprio dal collaborazionismo di Pannella e dei suoi fidatissimi compagni, meritevoli di una risposta conseguente, cioè le dimissioni. Pena l’essere assimilati agli scaldapoltrone assetati di potere di quella coalizione chiamata paradossalmente Unione.

Il punto di vista di Phastidio

Tags: Daniele Capezzone, Governo Prodi, Telekom Serbia, Mozione di sfiducia, Finanziaria, Bonino, Pannella

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18 ottobre 2006

L'esproprio ... al proletario

”…ma è la mia liquidazione, porco boia!” gridava Evandro il carrellista. “Tu, compagno, puoi anche chiamarla tieffeerre o tieffeevve, come dice il compagno Visco, ma resta sempre la mia liquidazione, l’unica sicurezza che mi restava in questa fabbrica di emme...”

“Calmati, compagno!” lo esortava il rappresentante FIOM venuto apposta da Roma “Calmati! Abbiamo indetto queste assembleee straordinarie apposta per spiegare tutto...”

“Ma cosa vuoi spiegare, compagno? Che si portano via i miei soldi?”

“Ma no, mica te li portano via tutti? Solo il 50%...”

“Per adesso, ma se non gli basta?”

“I compagni al Governo hanno promesso...”

“Sì, come avevano promesso che ci restituivano la tassa per l’euro...Io son qui che aspetto ancora. Anche quella volta c’eri tu, compagno, a dirci di stare buoni e zitti!”

“Ma qual è il tuo problema, compagno carrellista?”

“Il mio problema è che dove lavoravo prima, dopo 20 anni che mi rompevo la schiena, quando si è sposata mia figlia e l’ho dovuta aiutare a comprarsi la casa, i soldi per il compromesso me li son fatti dare sull’unghia dal padrone. Quello non era un santo ma gli interessi me li pagava e quando glielo chiedevo c’era l’impiegato che mi portava il foglio con tutti i versamenti e il saldo. Gli ho potuto chiedere solo il 70% che di più non si può, ma, che, cavolo, erano proprio tutti là e tutti miei.

Qui se non ci opponiamo quel 50%, scusa se è poco, manco col binoccolo me lo fanno più vedere...”.

“Ma all’Inps ci saremo noi dei sindacati al controllo e alla gestione del fondo...”.

“E allora? Cosa cambia? Non parlo per me che non ho più diritto a un altro anticipo, ma qui tanti facevano conto su quei soldi da prendere fra qualche anno...”

“Compagno, fai parlare anche gli altri, adesso!”

“Io sono il caporeparto della verniciatura e sono contento che al padrone gli tolgano questi soldi che gli costano troppo poco. A me la banca i soldi me li fa sudare, quei bast...”.

“Giusto, compagno!” rideva quello della Fiom di Roma.

“Ma che ca---spita dite? Avete sentito cosa hanno detto i padroni grossi della Confindustria? Dicono che saranno solo i piccoli che avranno problemi, che loro sono amici delle banche e gli interessi bassi se li fanno dare sempre! Siamo noi i coglioni, non loro!”

protestava Settimo.

“E il cuneo fiscale? Compagni, di quei 5 punti 2 li tolgono a noi lavoratori!”

“Due punti di quella stronzata lì? Sai che differenza nella mia busta paga...”

“Con tutto quello che ci aumenteranno di irpef, di catasto, di ici...”.

“Senti un pò compagno, per anni ce l’avete menata con i fondi complementari Cometa,

ci avete convinti che ci dovevamo lasciare metà del nostro tfr. Mi ricordo le assemblee, tutti a parlare di come ci avrebbero reso, che anche là controllavate tutto voi, che ci dovevamo fidare...”

“Se hai scelto i fondi di categoria Cometa, sai bene che l’anno scorso sono andati benissimo! “Sì, lo so. Ma ora che facciamo? Perchè dovremmo dare il 50% della liquidazione che non è in Cometa all’Inps che ci dà gli stessi interessi del padrone?”

“Noi siamo qui apposta per chiarire...”

“Ma tu, compagno, cosa faresti al mio posto?”

“Ah ah ah...Io li metterei nel fondo di categoria, di sicuro, oggi mi rendono di più del 2.5%...”

“E allora perchè i compagni al governo ci dicono di darli all’Inps?”

“Perchè sono 6 miliardi di euro che entrano per pagare le pensioni...”

“Ma quali pensioni? Io dico che pagheranno solo le spese di quel carrozzone e la mia liquidazione sparirà nelle tasche di tutto quel “magna magna” dell’Inps...”

“Guarda che tu il tuo tfr ce l’avrai sempre, quando ti servirà...””

“Mah, ho letto sul giornale che il padrone è obbligato a pagarmi al posto dell’Inps...E poi a lui l’Inps chissà quando lo rimborserà...”

“Che fai, compagno, ti fa pena il padrone, adesso?”

“No, ma se fa di tutto per non farci scegliere l’Inps, di motivi ne ha...”

“Mi scusi, sono un impiegato dell’ufficio Risorse umane, io non ho capito una cosa: se voi del sindacato siete contrari, se i datori di lavoro sono contrari, se noi lavoratori siamo contrari, se persino lo Stato ci perde 17 milioni di euro per dirci di mettere i soldi nell’Inps contro tutte le sue leggi sui fondi privati, ma a chi conviene tutta questa manfrina?”

“Bella domanda...”

“Sarà mica perchè è una cosa molto comunista?”

-segue...forse-

Aggiornamento del 19 ottobre:

Qui Mariniello/Giannini

-Aggiornamento:

Grazie a Ettore Gonzaga

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17 ottobre 2006

Consiglio di In-sicurezza

L’Italia ha ottenuto ancora una volta (la sesta) un seggio biennale dentro il Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Un regalo alla coppia Prodi-D’Alema confezionato in gran parte dal lavoro diplomatico

del precedente Governo Berlusconi.

Un successo di consensi simile a quello che nel 1994 raccolse il Polo delle Libertà.

Nel 2000, in pieno regime ulivista i premier Prodi, D’Alema e Amato si videro invece battuti dalla Norvegia, nella corsa all’ambìto scranno.

E ora? Ora godiamoci anche noi la festa con la quale tutti i media salutano questo avvenimento. Un successo “senza precedenti” raccolto da una coalizione che sa convertire anche le sconfitte in vittorie, figuriamoci cosa non riesce a creare quando si trova in mano un tanto palese trionfo!

Ma poi, passata la sbornia dei festeggiamenti, ci sarà qualcuno che si interrogherà sul valore di questa “conquista”?

Chi vorrebbe vedere crollare quel palazzo di vetro newyorkese sotto la forza calma e benefica delle democrazie, con oltre la metà dei Paesi che lo controllano spazzata via con tutte le dittature più feroci e corrotte che rappresentano, oggi non si rallegra per questo ingresso nel consiglio ristretto delle NU.

Ma, riflettiamo, quale sicurezza ci può garantire mai un organismo che da sempre ha visto tra i suoi membri permanenti Cina e Urss? E ancor di meno, diciamolo, ci può garantire l’allargamento, quasi a rotazione, a Stati che oggi non si possono non definire “canaglia”. Ricordiamo la Siria durante la crisi irachena, tra il 2002 e il 2003?

La sicurezza non è sinonimo di partecipazione se il ruolo dei garanti sono chiamati a svolgerlo cani e porci, cioè coloro, vedi Venezuela (oggi in lizza contro il Guatemala) sodale amico dell’Iran, che sono la causa prima delle sofferenze umane e quindi delle instabilità della pace nel mondo.

Festeggino pure gli onunisti ma non dimentichino i razzi con le granate che sono esplose in questi giorni contro le sedi dell’ONU a Beirut, forieri di tristi presagi poco in sintonia con le ciancie prodiane.

Qui si può ascoltare la notizia come è stata data dalla radio svizzera.

-Aggiornamento:

Di ciò che scrive Carlo Panella non condivido solo il titolo.

Tags: Italia, ONU, Consiglio di Sicurezza, Seggio provvisorio, Governo Berlusconi, Governo Prodi, Unifil, Radio Svizzera, Beirut

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12 ottobre 2006

Comunisti dentro...le tv

Ovvero come ti distruggo Silvio Berlusconi, rafforzo il potere unionista in Rai e ripago dei suoi servigi l’amico sodale Carlo De Benedetti.

Oggi il Ministro delle Telecomunicazioni, il margheritino Gentiloni, ha presentato il DDL di riforma della Gasparri.

In pochi minuti la Margherita più rossa mai vista in natura ma stupefacentemente sbocciata a Palazzo Chigi, per bocca di uno dei suoi più larghi petali, ci ha presentato una riforma delle telecomunicazioni che farebbe arrossire i peggio conservatori comunisti cinesi.

Dopo molte ricerche sulle infinite riforme stataliste attuate da tutti i Governi in materia di tlc, dal 1993 al 2001, mi sono soffermata su questo editoriale di Oscar Giannino dove, già da ieri, l’opinionista (da tempo non lo leggevo così lucido e "preveggente") descrive dettagliatamente quanto il DDL di questo Governo si prefigge a breve termine.

Le mani tese all’opposizione, tanto sbandierate oggi, sono pronte a chiudersi per impugnare l’arma del ricatto puntata alla tempia del leader della Cdl.

E’ impressionante assistere a una furia statalista così potente che non solo travolgerà e casserà i primi tentativi fatti dal precedente governo di privatizzare la Rai, ma arriverà persino ad impadronirsi dell’Auditel per il controllo del quale istituirà l’ennesimo baraccone di “garanti” tanto cari alle sinistre.

Imperdibile Oscar Giannino.

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Drugwipe per tutti

Il Drugwipe rileverebbe tracce dei principi attivi della cannabis, della cocaina, degli oppiacei e degli anfetaminici traspirati sulla superficie della pelle. Si tratta di principi attivi che alterano e condizionano il "normale" stato mentale e comportamentale di chi li assume. Ora, vista la presenza di stati di alterazione del buonsenso comune diffuso a più livelli nella nostra società, non sarebbe positivo e auspicabile individuare il principio attivo che causa l’errata percezione di come dovrebbe essere la vita relazionale in un Paese civile e democratico?

Una volta isolato l’agente chimico, con due striscioline e il reagente di un sofisticatissimo drugwipe, ciascuno di noi potrebbe autotestarsi e scoprire se si trova, magari inconsapevolmente, nel tunnel della dipendenza da giustizialismo, qualunquismo, perbenismo, faciloneria, moralismo da entrata pubblicitaria in salsa Iene offerto a tutti con incantevole infantile goliardìa.

Ci dev’essere una qualche sostanza ipnotica che altera il nostro stato di coscienza civica se ci fa star bene applaudire all’uso del mezzo dell’inganno e della truffa al fine di scoprire un altro inganno. Il fine, si dice, giustifica i mezzi, ma forse mai come in questo caso i mezzi prefigurano il fine! Fare audience e vendere pubblicità sono due onorevolissime missioni del mercato televisivo privato, ma se queste si realizzano sulla pelle (è proprio il caso di dirlo) dei cittadini (soprattutto parlamentari) diventa speculazione un pò criminale.

Si è detto che l’anonimato dei deputati testati è stato garantito, certo, ma qualcuno le riprese e i test li ha effettuati e quel qualcuno non è stato autorizzato da nessuna Procura o comando investigativo. Per un altro aspetto, anzi, quest’anonimato getterà il sospetto su tutti i 630 parlamentari!

Si è detto che i test col drugwipe sono assolutamente precisi, può darsi, anche se si legge qui e anche nel sito degli antiproibizionisti plaudenti dei suoi limiti probatori proprio di fronte alla promulgazione di qualsiasi pena, anche amministrativa.

Si è detto che i deputati si drogano ma poi legiferano contro le droghe, ma di quali deputati parliamo? Logica vedrebbe colui che assume sostanze proibite battersi per la loro legalizzazione. Il caso dell’anziano sen. Colombo, al quale non è stato contestato nessun reato, non è esempio sufficiente a dimostrare un’impunità totale di eventuali eletti scoperti a consumare sostanze di contrabbando. Certo ha ragione chi pensa che la gogna mediatica alla quale fu sottoposto Colombo non è nulla rispetto alla sofferenza del tossicodipendente finito in carcere per pochi grammi di droga, magari leggera.

Ma non saranno dei divi della tv mascherati da vendicatori del popolo tesi a mettere fine alle ingiustizie di questa Nazione, frequentatori degli stessi salotti romani delle loro “vittime”, a far migliorare le cose.

Per ora hanno avuto agio i proibizionisti come Casini o Gasparri di dichiararsi ancora più proibizionisti di quanto già non apparissero.

Il combinato disposto -media-giustizia ingiusta- ha spezzato la vita e la carriera già a troppi personaggi pubblici coinvolti in vicende di droga, senza bisogno di rivedere quei film interpretati dagli odiati nostri Parlamentari.

In quanto alle Iene e al loro maestro Michele Santoro, la smettessero di fare i martiri ogni volta che qualcuno gli sbatte il microfono in faccia. Sottrarsi alle loro telecamere è un diritto che ogni volta viene interpretato malignamente come un’ammissione di colpa e su questi logori mezzucci proprio Santoro sta cercando di rifondare le sue fortune televisive, senza riuscirci peraltro..

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9 ottobre 2006

Parallelismi italo-russi

Anna Politkovskaya della Novaya Gazeta è stata assassinata nel giorno del compleanno di Putin. La notizia data così potrebbe tendenziosamente evocare un banchetto in onore del nuovo zar sovietico della "nuova" Russia, dove uno dei suoi fedelissimi servitori offre in dono la testa della giornalista.

Ma cosa pensa l'opinione pubblica russa? Prova più forte indignazione, fatalista accettazione o quasi totale indifferenza alla notizia di questo atroce crimine?

Può essere utile o forse no ricordare che Anna è stata messa a tacere applicando il metodo più usato dal regime comunista dagli anni 20 in poi e che di questi mezzi spicci (internamenti nei gulag, negli ospedali psichiatrici-lager e di infinite altre crudeltà) si sono sistematicamente serviti i dittatori nella repressione della dissidenza anticomunista nell'URSS.

Oggi tutti conosciamo, anche se solo in piccola parte, i crimini contro l'umanità di cui si è macchiato l'impero sovietico, ma quando questi delitti avvenivano tutti sapevano e tacevano per paura o per complicità. Oggi qualcosa di diverso avviene, forse molto sfugge finalmente alle maglie della censura e rimbalza nei media globalizzati. Eppure ci troviamo a riflettere su cosa provano milioni di coscienze obnubilate da ottant'anni di condizionamenti e di abitudine alle improvvise sparizioni dei "traditori" della grande rivoluzione proletaria.

Ed ecco il parallelo tra Italia e Russia: nel nostro Paese il partito comunista è riuscito subdolamente ad instaurare un potere che ha condizionato, impadronendosene, la cultura, l'istruzione, i mezzi di informazione, gran parte del sistema giudiziario e di quello economico-finanziario.

Grazie ai metodi assimilati presso la "scuola marxista-leninista" nella Mosca del secolo scorso (dove hanno studiato sia l'attuale Presidente della Repubblica che alcuni altri dirigenti dei partiti comunisti ora al Governo), troppi milioni di onesti ma assordati cittadini applaudono all'instaurarsi dentro lo Stato del vecchio socialismo reale, invece di indignarsene e ribellarsi.

Insomma, se il popolo russo fosse insensibile ai misfatti di Putin, come condannarlo alla luce dell'insensibilità dimostrata da gran parte degli Italiani durante il rastrellamento e internamento degli avversari politici della sinistra per mano delle Toghe rosse?

L'Italia è ancora un Paese democratico, nonostante questa sinistra, per cui morti ammazzati (abbiamo avuto solo qualche suicida sotto "mani pulite") non ce ne saranno, ma vista l'occupazione totale dello Stato e dei media che essa ha scientificamente operato, la libertà di parola e di impresa è già a rischio.

Magari sto esagerando? Spero proprio di sì.

Tags: Politica, Italia, Russia, Comunismo, Anna Politkovskaya, Novaya Gazeta, Putin URSS

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7 ottobre 2006

L'Antonio furioso

Come può una superstar come Di Pietro, l'idolo delle folle ai tempi "Mani pulite", sempre in tour per l'Italia e per l'estero con la sua "compagnia di giro", tra psicologi di sostegno e traduttori dal dipietrese verso le altre lingue, italiana compresa, rassegnarsi ruolo di grigio Ministro delle Infrastrutture?

Un divo internazionale mica può abdicare così alla fama?

Se almeno, si sarà detto, gli avessero dato la parte in commedia che gli spettava, quella di Guardasigilli! E invece niente. Il Ministero della Giustizia lo vanno a dare a un democristo come Clemente Mastella, sfuggito alla scure giustizialista del nostro eroe non si sa bene per quale miracolosa intercessione di chissà quale santo di Nusco o di Ceppaloni.

Nessuno nega che Infrastrutture o Lavori Pubblici siano pur sempre ministeri delicati ove, da decenni, si intrecciano interessi politici con quelli affaristici, notissimi al Di Pietro che su di essi ha fondato le sue fortune e la sua carriera.

E una riprova che quella carriera gli è rimasta nel sangue si è avuta qualche giorno fa, davanti alla commissione parlamentare, durante la sua relazione su Autostrade, quando è inciampato in questa stravagante affermazione: "...io faccio il ministro perchè devo far rispettare la legge!".

Altro che separazione delle carriere tra magistratura giudicante e quella inquirente! Per Antonio Di Pietro non esiste neppure separazione di ruoli tra chi propone e redige le leggi e chi dovrebbe limitarsi a farle rispettare. Non rimane che prendere atto della confusione dipetresca tra la sua precedente funzione all'interno dell'Ordine Giudiziario e l'attuale di rappresentante del Potere esecutivo.

Ma tornando alla furia di Tonino e a Mastella, suo rivale nei panni di un ministro senza arte nè parte, viene quasi automatico riproporre questo video di "Striscia la notizia" che oggi riacquista una sua speciale attualità. Clickando il link potrete godervi un Di Pietro furioso contro l'odiato Berlusconi, la stessa foga, un pò arruffata, se la merita di certo l'ancor più odiato Mastella...almeno oggi.

Un weekend col sindaco di TV

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3 ottobre 2006

I liberali norvegesi han candidato Perla

Nel 2007 si voterà per il rinnovo delle amministrazioni regionali e comunali della Norvegia. Dei due appuntamenti elettorali ai quali sono chiamati i sudditi di questa monarchia costituzionale  (l'altro riguarda ovviamente il Parlamento), questo è senza dubbio il più seguito e partecipato. Ciò lo si deve alla forte autonomia decisionale di cui godono le comunità a livello locale nella gestione di tutte le politiche fondamentali che le riguardano.

Il Comune norvegese è, per un solo aspetto, equivalente alla nostra Provincia, in quanto è l'aggregato di un certo numero variabile di piccoli e grandi paesi e cittadine, dal nostro ordinamento definiti Comuni o Municipi, cosa che qui non sono.

Ora, siccome questo post non può e non vuole essere un testo di educazione civica al sapore di salmone affumicato, sarà bastante aggiungere che i Consigli comunali del Regno amministrano gli asili, l'istruzione fino a un certo grado, l'assistenza, la cultura, lo sport, la viabilità e tutta una serie di servizi essenziali nei quali lo Stato centrale non ha competenze.

Tra i partiti in competizione ce n'è uno che ha chiesto alla titolare di questo blog di candidarsi a consigliere comunale!

La proposta mi era stata fatta da mesi (qui si preparano per tempo) e, dopo aver resistito a lungo all'invito e aver esaurite tutte le scuse per sottrarmi all'impegno, ho risposto di sì.

Le cose sono andate così, perchè si dà il caso che tra i miei numerosi amici scandinavi ci siano alcuni responsabili regionali del Fremskrittspartiet, divenuto in poco tempo il secondo partito della Norvegia e nel quale mi riconosco nei molti punti liberali e liberisti del programma. Avendone parlato più volte, tra una tazza e l'altra di caffè, coi miei cari Vichinghi, qualcuno col quale avevo accennato ai miei trascorsi di militanza in un partito italiano ha deciso che io potessi essere quella persona in più da collocare nelle liste elettorali del suo FRP.

Adesso, come disse quello, sono in ballo e mi tocca ballare. E le danze sono già iniziate con la mia partecipazione ai corsi organizzati dal partito. Si tratta di corsi di formazione dei candidati affinchè possano essere tutti sufficientemente preparati in materia di bilanci pubblici, piuttosto che nelle politiche sociali e della famiglia.  Pertanto sto conoscendo direttamente ciò che già sapevo, quanto cioè da queste parti si faccia poca filosofia e poco uso del politichese, ma si miri esclusivamente alla concretezza delle proposte e degli obiettivi. 

Conto di tornare ancora a raccontare di questa mia nuova esperienza, sempre che la cosa interessi qualcuno o, più semplicemente, mi diverta parlare di un Paese politicamente lontano anni luce dall'Italia, ma al modello del quale molti nostri leader politici dicono di volersi ispirare.

 

Tags: Politica, Norvegia, Elezioni amministrative norvegesi, Fremskrittspartiet, Perlascandinava

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