22 maggio 2007

Sono belle, sono sexy e si prendono tanto in giro

Si chiamano Melonas, sono norvegesi e, da donne, fanno satira contro le donne.

Sono le protagoniste della serie televisiva satirica più divertente della settimana dove, graffianti e sorridenti, hanno messo a nudo le debolezze dell’universo femminile più emancipato del mondo.

Ogni settimana, dopo il tg nazionale delle 19, nelle case dei norvegesi entrano queste donne divertenti e scatenate alle prese, ad ogni puntata, con un tic, un vizio, una meschinità, una nevrosi e tante debolezze che qualche volta abbiamo creduto prerogativa solo maschile.

Le Melonas, politicamente molto scorrette, si canzonano, satireggiando così le figlie delle mitiche guerriere vichinghe.

Sarebbe stato divertente e istruttivo pubblicare i video con le puntate settimanali del serial su questo blog ma i dialoghi in norvegese, non sono decisamente molto abbordabili per almeno due o tre dei lettori che passano di qua, per cui abbiamo desistito, non del tutto però.

Ecco qui un assaggio, (il link porta al video) molto esplicativo, di come le donne scandinave sappiano essere autoironiche, sexy e intelligenti.

Le immagini sono eloquenti e inequivocabili; la colonna sonora e l’ambientazione riconoscibilissime, pertanto i dialoghi passano in secondo piano.

Un aiuto per la comprensione dell’episodio è comunque utile.

La scena si svolge in un aeroporto.

La protagonista dell’episodio deve sottoporsi al controllo del metal detector.

L’addetto alla sicurezza è un giovane poliziotto che la fanciulla metterà in imbarazzanti difficoltà a causa dei ripetuti, piacevoli palpeggiamenti che, scientemente, attirerà su di sè, nascondendo oggetti metallici in alcune zone erogene del suo avvenente corpo.

Ogni volta che scatta l’allarme lei nega di avere addosso cose proibite, costringendo lui a procedere alla verifica.

Nonostante la musica ad alto tasso erotico e le perquisizioni nelle parti piuttosto intime, la timidezza del poliziotto e l’innocente malizia della ragazza tolgono ogni morbosità alla gag.

Via via le Melonas hanno interpretato inconfessabili aspetti della psicologia femminile e certe volte l’umorismo è quasi nero ma sempre spassoso e intelligente.

Le tipologie professionali, culturali e sociali sono variegate, descrivono impiegate, poliziotte, mamme, amanti, campionesse sportive, danzatrici acquatiche, ecc.

Ce n’è per tutte e, quel che sarebbe improponibile in Italia, non sono solo le dissacrazioni che un certo malinteso femminismo fuori corso storico non gradirebbe affatto ma è anche l’orario nel quale le disinibite Melonas vanno in onda, quando cioè anche i bambini sono davanti alla tv.

Un altro riconoscimento al merito è dovuto al fatto che le attrici, straordinariamente brave, non temono di imbruttirsi ed abbrutirsi pur di ottenere l’effetto comico voluto.

Nell’augurarvi buona visione (Quicktime permettendo), Perla vi dà appuntamento a fra un mese, di ritorno dall’Italia, dove per la prima volta viaggerà da turista con passaporto norvegese.

PS.: Perla è sbarcata in Rai...quasi.

Tags: Donne, Norvegia, Femminismo, Satira

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19 maggio 2007

I ladri di Pisa

Silvio Berlusconi li vede così ed è indubbio che così agiscono i componenti dell’attuale maggioranza.

Li vediamo tutti mentre litigano davanti alle telecamere per meglio continuare a rubare insieme da dentro le stanze chiuse del potere, convinti di non destare sospetti.

E allora, appurata e non da oggi, questa verità, ci chiediamo: qual’è la strategia politica che si appresta a mettere in atto il leader della Cdl?

Un giorno dopo l’altro questa maggioranza incassa risultati che vanno contro l’interesse generale del paese e a poco o nulla, è evidente, serve la quotidiana e sterile litanìa sul governo diviso su tutto che ci propina l’opposizione.

Quel governo diviso su tutto è, come i ladri di Pisa appunto, sempre compatto quando si tratta di rapinare le tasche e la tranquillità della gente.

I provvedimenti di legge prodotti da questa politica di sinistra non si possono più definire semplicemente illiberali ma, decisamente, lesivi dei diritti civili e, con gli ultimi provvedimenti in discussione, anche dei nostri diritti politici.

Per celebrare il suo primo anniversario da Presidente del Consiglio, Romano Prodi, biascicando come sempre, ha, per l’ennesima volta, raccontato la favola del buongoverno di legislatura. Durerà fino al 2011 e lo farà grazie a questa opposizione, ha farfugliato sarcasticamente il premier. C’è da credergli, vista l’inefficace pressione della Cdl!

I sondaggi, le piazze e i risultati elettorali recenti sorridono al centrodestra ma, alla luce dei fatti, sembra che la paralisi che l’ha colpita le impedisca di approfittare di questa congiuntura favorevole. Un fantasma si aggira tra Montecitorio e Palazzo Madama, forse si chiama legge elettorale.

E di questo che hanno paura i partiti? Sembrerebbe di sì e di questa paura si fa scudo l’attuale maggioranza.

Silvio Berlusconi, in solitudine, si ostina a suggerire (ma il premio di maggioranza al Senato è modificabile?) le soluzioni più indolori e immediate, affinché la sua legge sia marginalmente emendata e si possa andare al più presto al voto.

Ma troppe sono le posizioni, le strumentalizzazioni, le paure, troppi gli opportunismi e i veti incrociati che impediranno agli elettori di tornare alle urne in tempi brevi.

E nel frattempo?

Nel frattempo questo governo approva disegni di legge a raffica (104 in un anno, dei quali solo 10 convertiti in legge dal Parlamento), per tacere dei decreti legge che stanno esautorando le Camere del loro ruolo costituzionale.

Nel caos normativo nel quale, senza pietà e rispetto, sono stati gettati gli italiani, piovono controriforme alle leggi berlusconiane con vorticosi cambi di disposizioni e aumenti di oneri che lasciano disorientato il tartassatissimo uomo della strada.

I ladri di Pisa si spartiscono il bottino, convinti quindi di farla franca e, mentre raccolgono i frutti del lavoro del precedente esecutivo (sfortunato come mai nessun ma che vanta, tra l’altro, l’aumento del gettito fiscale, accenni di risanamento dei conti, interventi positivi sulla sicurezza, ecc.), si pavoneggiano con le penne del nemico.

Solo se costretti dalle circostanze, come è avvenuto col ministro dell’Interno Amato, ammettono che il tanto dileggiato poliziotto di quartiere, per fare un esempio, istituito dalla Cdl, si è confermato una garanzia di sicurezza di prossimità e, pertanto, messe da parte le ideologie ostruzionistiche, verrà incrementata la sua presenza ovunque possibile.

Peccato che questa prova di buonsenso sia già vanificata dall’aumento dei crimini a seguito dell’indulto.

A questo proposito ci sarebbe da inorridire ricordando che dei sedicenti liberali abbiano potuto volere questo arcaico provvedimento di grazia in uso sotto il dominio assoluto dei monarchi e dei dittatori,che riempivano e svuotavano le galere a loro grazioso piacimento; gli stessi sedicenti liberali che, storcendo un pò il nasino, da dentro il CDM, sostengono la controriforma Mastella, i cui relatori e redattori sono gli stessi magistrati eletti nel centrosinistra.

I ladri di Pisa si apprestano a scardinare le ultime resistenze del servizio pubblico televisivo ma questa volta non si accontenteranno di introdursi nel palazzo coi simboli dei loro partiti ma chiameranno a diffondere via etere, via satellite o via terrestre, il concentrato di quell’egemonia culturale che tanto ha formato la loro amatissima società civile, proprio i rappresentanti del popolo di sinistra che la compone.

Quella fondazione, minacciata nella riforma del rosso margheritino Gentiloni, vedrà premiati tutti gli enti e le associazioni (vedi università e consumatori) che tanto si sono spesi in campagna elettorale per la vittoria dell’Unione.

Questa riforma della Rai, unita al contratto di servizio approvato poche settimane fa, ampierà e consoliderà la gestione sovietica del servizio pubblico.

I costi di questa gestione lieviteranno in modo vertiginoso a causa del moltiplicarsi di consiglieri di amministrazione previsti nello scorporo dell’azienda, già spezzettata all’inverosimile per piazzare gli amici e gli amici degli amici.

E che dire del lugubre progetto sul conflitto di interessi? Qualunque imprenditore possieda un’impresa da 15 milioni di euro perderà i diritti politici, i diritti cioè più tutelati al mondo, dopo i diritti umani!

Lasciamo un’ultima riflessione prima di chiudere questo prolisso quanto insufficiente post: non si può onestamente giudicare la Casa delle libertà il paradiso dei liberali, né la copia italiana del partito Repubblicano americano, però, dopo quanto abbiamo visto uscire da Palazzo Chigi in questi 12 mesi, non ci pare esagerato implorare Silvio Berlusconi di fare di tutto e di più per mandare a casa l’Unione delle sinistre!

Tags: Silvio Berlusconi, Cdl, Governo Prodi, Unione

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16 maggio 2007

A.M. Petroni, l'ultimo giapponese

Come tutti ben sappiamo, quando le truppe d’assalto dell’Unione, numericamente modeste, cromaticamente male assortite ma antropologicamente e partitocraticamente superiori, presero il potere, lo fecero con manovre formidabili ed efficaci.

Furono aggressive, fulminee, in grado di sbaragliare chiunque si frapponesse tra loro e le potenti poltrone dei palazzi repubblicani.

Senza sosta, giorno dopo giorno, per ottemperare ai contratti pre-elettorali stipulati tra le segreterie dei tanti partiti e partitini alleati e voraci, ebbe luogo la spartizione del bottino ricco di denaro pubblico e di pubblici incarichi.

Tutti ricevettero la loro porzione grande o piccola, a seconda del potere contrattuale e dei voti incassati il 9-10 aprile del 2006.

Il bottino era ricchissimo ma i pretendenti inevitabilmente troppi, per cui (laicamente, per carità) ci si dovette ispirare alla nota vicenda della moltiplicazione dei pani e dei pesci e, come per miracolo, aumentarono dicasteri e sottosegretariati.

Dal Quirinale a Montecitorio, da Palazzo Madama a Palazzo Chigi, da quelli antichi a quelli moderni, tutti gli edifici delle istituzioni (salvo quelli già da tempo conquistati) sono passati nelle mani di presidenti, vicepresidenti,direttori generali, funzionari e segretari contraddistinti da margherite, querce, rosepugnanti, soliridenti, falci e martelli e qualche passamontagna.

Dal centro alla periferia ogni ente è stato consegnato ai coalizzati del centrosinistra e ai suoi meritevoli amici.

Poche e deboli sono state le resistenze che Romano Prodi e il suo variegato esercito hanno dovuto affrontare.

Grazie all’astuzia degli strateghi dell’Unione, professionisti veterani della politica affaristica e spartitoria, in meno di un anno, tutto è caduto sotto il controllo della coalizione.

Inaspettatamente, però, proprio il Palazzo della Rai, quello militarmente più presidiato dalla sinistra, non è ancora stato completamente espugnato.

Una donna e quattro uomini, membri del cda non scelti da questa maggioranza, impunemente resistono nonostante che, dal 10 agosto scorso (con la foto del consigliere Petroni pubblicata in stile “wanted” dall’Unità) sia iniziata una implacabile campagna mediatica di delegittimazione dei cinque “corpi estranei” presi di mira, manco a dirlo, anche dalla solertissima magistratura.

Questa volta in gioco non ci sono solo le nomine dei direttori organici alla coalizione di governo, i quali, peraltro, si stanno insediando da mesi (presto toccherà anche a Frecero) ma c’è qualcosa di molto più grande e devastante, che richiede compagni ubbidienti e fidati per essere attuata ed è la riforma Gentiloni.

Che fare allora? Se la legge non permette la destituzione dei consiglieri di nomina parlamentare, si abbatte il fortino colpendo Angelo Maria Petroni, quello indicato dal ministro del Tesoro e da questi revocabile per giusta causa.

E se la giusta causa non sussiste? Che importa? Mica siamo qui a tutelare l’art. 18 dello statuto dei lavoratori!

Ecco quindi che il ministro Padoa Schioppa manda la lettera a Prodi, con le doglianze nei confronti di Petroni e l’intimazione di revoca dell’incarico.

Ma, davanti alla commissione di vigilanza Rai, A.M. Petroni legge la lettera, la smonta pezzo per pezzo, facendo imbestialire i quattro consiglieri del centrosinistra, definendo irricevibile l’ordine ministeriale che, fino a ieri, non gli era stato ancora recapitato.

A questo punto sorridiamo pensando che il prof. silurato è uomo di lettere, un fine intellettuale, uno studioso che, come spesso succede agli scienziati, artisti e letterati, vive con la testa nelle nuvole e non si è accorto che il nemico ha già vinto e lui, ultimo giapponese sopravvissuto, continua a combattere una battaglia solitaria e impari, a difesa di un angolino del servizio pubblico, che invece finirà dentro il carniere dell’Unione.

Tags: Unione, A.M. Petroni, Commissione vigilanza, Cda Rai

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14 maggio 2007

Presto Scalfari apparirà alla Madonna?

Per avere un’ulteriore conferma che sabato piazza Navona è stata occupata dall’apostolato laico, basterà leggere gli editoriali della liturgia domenicale del papa Eugenio Scalfari e della papessa laicissima Barbara Spinelli, apparsi ieri mattina nei rispettivi quotidiani da loro firmati.

La lettura e l’interpretazione laicista dei Vangeli che ci hanno offerto il “fondatore e creatore” di Repubblica, Eugenio Scalfari, da una parte e la passionaria prodiana Barbara Spinelli dall’altra, sono sintomatici del fenomeno, tutto italiano, dell’indistinguibilità di atteggiamento culturale tra i chierici e i cosidetti laici.

Da secoli filosofi e teologi si dilaniano e si scontrano sull’intrinseco significato delle parole di Gesù Cristo; scavano in quelle degli apostoli, dentro ogni virgola di versetto, di parabola o di discorso rivolto dal Cristo alle folle, alla ricerca della Verità rivelata ma, di fronte all’uso dell’accetta con cui i nodi interpretativi sono stati laicamente tranciati dai due giornalisti, noi senza chiese siamo rimasti avvinti e folgorati.

Il Fondatore e la figliola di Altiero non hanno dubbi, la famiglia di cui piazza S. Giovanni voleva essere rappresentativa è quella dei mammoni e dei mafiosi, mentre quella di piazza Navona incarnava il modello cristiano per eccellenza!

I due non hanno proprio dubbi e, come il socialista Villetti, bacchettano la Chiesa per non aver capito nulla del messaggio evangelico di cui solo loro conoscono l’autentico significato progressista lasciato ai credenti da Gesù.

Gesù è il distruttore della famiglia, perchè la famiglia è un covo di egoisti e omertosi privi di misericordia e di amore in Dio.

Il Cristo scalfar-spinelliano rinnega i genitori in funzione dell’unione con Dio! D’accordo, però ci dovrà pur essere qualcos’altro se fin da piccoli ci dicono di rispettare il comandamento onora il padre e la madre?

Nelle omelie apparse sui pulpiti di Repubblica e Stampa noi, che siamo anime semplici e molto mondane, abbiamo letto il concetto finale in questo modo: se Gesù di Nazareth fosse ancora tra noi sarebbe andato con Luxuria e Bonino e avrebbe inveito contro quelle truppe cammellate che da piazza S. Giovanni sacrilegamente acclamavano Lucifero Berlusconi.

Ma c’è dell’altro che a colui che parla con Io non è andato giù: è il fatto che i cattivi cristiani fossero in un numero tanto soverchiante quello dei buoni cristiani.

Pertanto, come quasi tutti i “coraggiosi laici” e loro sostenitori hanno fatto, non potendo parlar bene della sua manifestazione, si è sfogato parlando male di quella dei “fratelli” intellettualmente fragili e manipolabili del Family day (c’era anche il ministro Fioroni!).

Temibile più del Savonarola, Scalfari sentenzia che i manifestanti di Pezzotta sarebbero incorsi nella condanna furibonda dello stesso Gesù, che, implacabile con essi come lo fu con i Farisei, li avrebbe cacciati dal tempio e...blà, blà, blà...

Dobbiamo dire, per amore di verità, che qualcuno ha denunciato pure i compagni erranti, cioè i DS, i quali, restando in tema, se ne sono lavati pilatescamente le mani, facendo mancare la forza organizzatrice della leggendaria macchina del partito in grado di affollare all’inverosimile le piazze. Ma si sa che il fidanzamento con la Margherita ha i suoi costi e, in fondo, non è che i rifondaroli e gli altri comunisti doc non abbiano meno potere di aggregazione, volendolo usare, volendolo, appunto.

Per concludere c’è solo una domanda che sorge spontanea: ma valeva davvero la pena scatenare tutta questa guerra per un pugnetto di lenticchie ammuffite, portate da Prodi e battezzato Di.co?

Com’è possibile che nella battaglia per un disegno di legge tanto inutile, per molti aspetti dannoso anche per le persone gay, che vedrebbero irrimediabilmente perdute le loro speranze di conquistare dei veri contratti di partnership, a causa della presenza nella legislazione di questo ipocrita patto senza valore, si siano laicamente arruolati tra i combattenti persino Gesù e la Madonna?

Tags: Scalfari, Spinelli, Di.co, Religione, Laicità

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11 maggio 2007

L'apostolato laico va in piazza

“Non possiamo non dirci cristiani” affermava Benedetto Croce e, qualunque sia il nostro orientamento politico, come facciamo a non essere d’accordo col filosofo napoletano?

E’ innegabile, forse, che noi italiani, salvo limitate eccezioni, siamo cresciuti a pane e acqua santa?

Non è questa la realtà che ci ha avvolti, rassicurati e formati culturalmente e psicologicamente da tempo immemorabile?

Nessun altro cittadino del mondo cristiano è stato immerso, fin dai primi vagiti, nelle atmosfere e nei rituali della religione di Santa Madre Chiesa, quanto un italiano.

Abbiamo imparato che non sono stati solo i sacramenti, il catechismo o l’ora di religione a formare la nostra cultura cattolica ma la stessa urbanistica dei luoghi in cui viviamo, l’arte che ci circonda, la nostra lingua e i santi del nostro calendario.

Pertanto Benedetto Croce aveva ragione da vendere ma, purtroppo per noi, è morto prima di poter avere contezza di un altra cultura egemone che stava emergendo e che sarebbe diventata altrettanto pervasiva e condizionante quanto e più di quella clericale.

Se Croce avesse vissuto in questi giorni avrebbe potuto aggiornare il suo pensiero, osservando questa Italia della sclerotizzazione post bellica e avrebbe concluso: “non possiamo non dirci comunisti, anzi catto-comunisti”!

Chi può ignorare che, dal dopoguerra in poi, si è insediata ovunque la pedagogia antifascista, sessantottesca, resistenzialista e rivoluzionaria proletaria, a immagine e somiglianza del Pci prima e in seguito della sinistra tutta?

Insomma anche se non frequentiamo nessuna delle due chiese, quella cattolica o quella comunista, siamo intellettualmente segnati dalle dottrine delle quali esse sono propagatrici.

E se la Chiesa cattolica è rimasta salda e coerente nella sua missione evangelica e dogmaticamente moralizzatrice, con qualche riforma conciliare e qualche strizzatina d’occhi alle mode del momento (vedi l’introduzione delle chitarre nelle funzioni religiose), i predicatori atei dell’antifascismo professionista hanno imparato a utilizzare a piene mani il linguaggio messianico, mutuandolo da quello clericale.

E’ così abbiamo cominciato a sentirci peccatori ogni qualvolta temevamo di non rispettare i precetti antifascisti, anticapitalisti, antiliberali, antindividualisti e antiamericanisti.

Precetti sempre difesi dai nostri martiri della resistenza, i pluripremiati discepoli partigiani in servizio permanente effettivo, specie nelle scuole dove, per non dimenticare, raccontano ai ragazzi le loro gesta di oltre sessant’anni fa; testimonianze che vengono portate ancora tra le lacrime che, nonostante il lungo tempo passato, sembrano non doversi mai seccare.

Da decenni le nostre scelte, le nostre opinioni, i nostri costumi, i nostri gusti sono imposti da quella elegante intelligentja culturale e massmediatica che si è instaurata in ogni dove per controllare, promuovere e propagandare il verbo socialista, creando una catechesi diffusa capillarmente ovunque si faccia aggregazione, didattica, piccola o grande cultura.

L’Italia è divisa tra oratori parrocchiali e centri sociali che spesso si sono fusi in uniche manifestazioni di piazza, dove il solo aggettivo utilizzato per contraddistinguere gli uni dagli altri è stato quello di “laici”.

I laici, appunto, da laycus ovvero uomo del popolo.

Un termine che nasce dentro la gerarchia ecclesiastica e che, solo in Italia, ha assunto un significato improprio, che ne fa una figura esterna, estranea, quando non in antitesi con la Chiesa.

Ma il laico, quello che si agita nei media e nelle piazze, è ancora questo delle origini medioevali: “Nella seconda metà del XII secolo la Chiesa di Roma era coinvolta nella contesa che la vedeva in contrasto con l’Impero per salvaguardare la sua autonomia...

Nel corso dei secoli XI-XII i laici richiedono uno spazio e partecipazione sempre maggiore, sostituendo progressivamente all’ideale monastico quello della predicazione, inteso come imitazione della vita apostolica, esaltando in particolare la povertà...”

(Continua qui.)

Il ruolo che hanno assunto i laici moderni, in una nazione come la nostra, dove l’immaginario collettivo si confonde nell’ubbidienza alla fede in Dio con quella ai nuovi –ismi- socialisti (pacifismo, terzomondismo, femminismo, ambientalismo, ecc.), è rimasto quello stesso di mille anni fa.

Il laico, specie quello animato da forte passione anticlericale, tradisce il suo inconscio sentimento missionario, spesso più implacabile ed esaltato di quello del prelato.

Purtroppo questa opera egemonica si è insinuata nelle coscienze di molti sedicenti (nel senso che dicono di sè) liberali o anticomunisti che non si accorgono di non essere poi tanto diversi, nel loro agire e pensare, da coloro che vorrebbero avversare.

Costoro entrano in un blob nel quale si confonde laicismo con liberalismo, socialismo con cattolicesimo, perbenismo con anticonformismo e dove finiscono con avere comportamenti omologhi, specularmente intransigenti, occupando semplicemente due piazze diverse ma con dinamiche e passionalità indistinte dal “nemico”.

In questo marasma di false contrapposizioni finisce con l’aver ragione chi afferma l’inesistenza di differenze tra destra e sinistra e scommette che di riforme veramente liberali la nostra società, senza una democrazia matura, non ne vedrà mai.

Lo Stivale è la fotografia di un convento dentro il quale i laici non indossano insegne cristiane o marxiste ma, essendosi formati nello stesso ordine monastico degli officianti, nei conflitti libertari troveranno sempre un compromesso, magari pure storico.

Non saranno alcuni strappi e alcune microscopiche

e spesso inutili “conquiste”, compiuti qui e là, a delineare la separazione netta tra riformatori liberali e conservatori socialisti.

Tags: Politica, Chiesa, Laicismo, Anticlericalismo, Comunismo

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7 maggio 2007

Benedetto XVI si faccia socialista!

I politici stanno perdendo il senno!

Per favore, leggete con attenzione queste parole:

“Io mi chiedo insistentemente perchè la Chiesa vuole presentarsi con questa immagine, un’immagine di condanna, di severità, un’immagine in cui la cosa più importante è l’applicazione del dogma...Si perde quell’immagine della Chiesa che insomma è la più bella e più affascinante, che è quella della carità, del volontariato, della comprensione, della solidarietà, quel messaggio cristiano che è così vicino al messaggio socialista, si perde, si perde. Si ha insomma un ritratto di una Chiesa che ha come scopo principale quello di proibire...”

Parole di Roberto Villetti, capogruppo della Rosa nel pugno alla Camera!

Si tratta di parte di un’intervista che questo politico ha rilasciato a Radio Radicale, in occasione del lancio della manifestazione del “Coraggio laico”!

Dopo aver letto le esortazioni che il deputato rivolge alle gerarchie ecclesiastiche, non resta che riconoscere quanto ne abbiano da vendere di questo coraggio i combattenti laici.

Cribbio, hanno ragione Villetti e i suoi compagni, la Chiesa deve cambiare format! Basta coi dieci comandamenti, con i sette vizi capitali, con le penitenze inflitte dopo la confessione, con l’inferno e col diavolo!

Basta con questa storia del peccato, mortale o veniale che sia!

Basta con la Bibbia, il Vangelo! Avanti col Capitale di Marx.

La Chiesa, quella affascinante, che parlasse solo di carità, volontariato, comprensione e solidarietà e che poco si occupasse del comandamento del Dio di Mosé che dice “non fornicare” o depennasse la lussuria dagli obsoleti vizi capitali, sì che sarebbe più simpatica ai laici, quelli stessi che a giorni saranno coraggiosamente in piazza a difendere certi principi morali, che dovrebbero essere giudicati sani anche dal Papa.

La CEI farebbe cosa sacrosanta se adottasse il nuovo catechismo voluto dall’arcigay e dalla RNP e chiamasse negli oratori quel “grande comico” di Andrea Rivera nel ruolo di appassionato catechista.

A proposito di Rivera, qualcuno ci sa dire quali sarebbero le battute comiche proferite il 1-mo maggio da costui?

C’è qualcosa di comico in questa frase: “la Chiesa è contro l’evoluzione, lo so bene, infatti la Chiesa non si è mai evoluta.” (!?!?)

Dite che fa ridere? Qualcuno lo ha pagato per dire questa sciatta banalità? Ah, sì, la Rai! Insomma ai comici nessuno chiede una laurea o di conoscere i dialoghi di Platone, ma almeno di farci ridere, quella è l’unica cosa che si pretende da loro.

Eppure si è scritto e detto che questa è satira, e che satira!

Ma torniamo al “Nuovo catechismo” secondo i parlamentari, parlamentari che si arrogano il diritto di indicare ai vescovi quali siano i dogmi da archiviare e le scelte dottrinali da imporre, ma questa, detto tra noi, si potrebbe per caso chiamare ingerenza laica?

Ogni giorno qualcuno vuol far finta di dimenticare che da duemila anni la Chiesa agisce allo stesso modo e non è certo questa di oggi la peggiore di tutte.

Eppure il fanatismo anticlericale ha fatto perdere a molti raziocinio e logica, fino al punto di farli coniare slogan come: “vatican-taliban”!

Da non credente riconosco al clero il diritto di predicare quanto a me quello di non ascoltare, non c’è nulla di sanzionabile in questo.

Sono i politici eletti dal popolo, quelli che, come legiferatori, amano farsi condizionare dal Vaticano, ad essere incoerenti.

Ma ancor più stolti sono coloro che vorrebbero fondere il fideismo dell’ideologia marxista nella religione di Dio.

“Quel messaggio cristiano che è così vicino al messaggio socialista” si sta perdendo e allora, Santo Padre, abbracci un pò l’ateismo e chissà che non la facciano senatore a vita appena si libera un seggio.

Tags: Politica, Chiesa

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4 maggio 2007

Roma ladrona

In questi giorni è uscito “La Casta”, il libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo: I più informati o coloro che l’altra notte fossero stati davanti al teleschermo fino a ora tarda, angosciandosi e indignandosi mentre a Matrix Mentana intervistava i due giornalisti del Corriere della Sera autori dell’inchiesta, sanno già molto bene di che tratta il libro.

Le cifre, i palazzi e le condizioni di privilegio dei politici e della costosissima e varia umanità che per loro “lavora”, di cui due notti fa parlavano Stella e Rizzo, rappresentano un patrimonio sconfinato degno dei lussi delle antiche corti imperiali.

Visti dalla Norvegia questi dati assumono una dimensione ancora più gigantesca e inaccettabile.

Per fare un solo esempio, diciamo che nessun eletto, nessun amministratore locale o nazionale norvegese concepisce anche solo l’idea di avvalersi di un’auto, foss’anche un’utilitaria, con o senza autista, a carico della collettività.

Risparmio, trasparenza dei bilanci, senso di responsabilità e rispetto per l’esigente e occhiuto suddito del regno dei fiordi sono fondamentali nel bilancio del tesoro sempre in attivo.

Nella gestione del denaro pubblico gli italiani no, non assomigliano agli scandinavi, come d’altronde, affermano Rizzo e Stella, non assomigliano a nessun’altra popolazione occidentale.

Sembra che nel nostro dna sia presente solo il gene dell’irresponsabilità e del disprezzo verso la sacralità del denaro che ogni cittadino versa copiosamente all’erario.

Una malattia genetica che si manifesta ogni qualvolta ci troviamo a maneggiare i proventi delle pubbliche casse, con ingordigia e menefreghismo astutamente legalizzati.

Nel libro di Rizzo e di Stella c’è moltissimo materiale ma ancora non sufficiente (non basterebbero dieci volumi) per illustrare come il mostro dello spreco e del privilegio muove i suoi milioni di tentacoli tra i macro e micro sperperi delle entrate.

Dispiace che “La casta” non sia stato scritto da giornalisti ispirati e appoggiati dalla Lega Nord, né da quelle forze politiche del centrodestra sempre sensibili al grido di dolore che sale dal mondo dei Produttori, che rischiano il loro denaro nelle proprie imprese mentre quotidianamente debbono ingaggiare una lotta impari contro il parassitismo dello stato avido e bulimico.

Gridare “Roma ladrona!”, garantendosi le pensioni super baby ma legiferando l’innalzamento dell’età pensionabile per tutti, pranzando a Montecitorio al prezzo di 9 euro tutto compreso tranne i costi per gli 88 addetti alle cucine, spartendosi il sempre più ricco finanziamento pubblico dei partiti, giovandosi di un numero di benefit e di rimborsi spese che sono un insulto al tartassato contribuente, significa tradire il proprio elettorato.

L’attuale governo sta facendo lievitare ancor di più queste spese di casta; sarebbe perciò quanto mai urgente che dall’opposizione partisse finalmente l’atto più coraggioso e dovuto di un eletto: rinunciare ai privilegi indecenti di cui gode ogni politico e, con determinazione, cancellare le migliaia di voci di inutile e immorale spesa, volute contro ogni buonsenso e che scavano ogni giorno la voragine del debito pubblico.

Ma se a dilapidare così il bene comune, dimostrando disprezzo per i connazionali che hanno lo stesso diritto a goderne, sono gli stessi uomini delle istituzioni, come stupirci degli atteggiamenti violenti e distruttivi dei militanti di sinistra contro i treni che vorrebbero utilizzare gratis?

Chissà, mancheranno mica al Bel Paese cultura della legalità e senso dello stato, inteso come servizio pubblico?

Tags: Politica, La Casta, Stella Rizzo

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2 maggio 2007

La mamma che uccise tre volte

(Titolo tendenziosamente hitchcockiano)

Sull’assassinio di Cogne il ritornello più paradossalmente ripetuto è sempre stato: “i processi non si fanno sui media ma in tribunale!”.

E il paradosso sta nel piccolo dettaglio che in uno studio televisivo si affermi questo sano principio mentre il processo sta andando in onda proprio lì!

Ma tant’è, questa non sarebbe la contraddizione più grave collegata al delitto più nazionalpopolare di inizio secolo.

Nonostante tutto e fortunatamente, i giudici di Torino hanno lavorato sulle carte processuali e non su quelle stampate dai redattori dei giornali scritti e parlati di tutti i media.

Le imprecisioni, le suggestioni, le grottesche conclusioni propinateci, specie attraverso gli schermi tv, avrebbero messo ko anche la mente più raziocinante impegnata a districarsi nella soluzione del delitto perfetto di Cogne.

Qualcuno ricorderà che il lancio mediatico della signora Franzoni era maturato negli ambienti della sinistra aristocratica, quando l’avvocato Carlo Federico Grosso, uomo di sinistra (pregato dall’amico Violante, con casa a Cogne, ad assumere la difesa dell’insospettabile mamma) concordò con Maurizio Costanzo la prima uscita nell’omonimo programma tv.

Da quel momento in poi fu un successo di ascolti per chiunque ospitasse la sempre più sospetta figlicida.

Colpevole o innocente? Recita o è se stessa? Soffre o finge? Pazza o lucida? Queste e altre migliaia sono state le domande che i telespettatori si sono posti da quella notte del “Maurizio Costanzo show”..

Quante cose sono accadute da quella notte! La più ecclatante fu la rinuncia alla difesa della cliente da parte dello scaltro avv. Grosso.

L’incompatibilità procedurale con l’avv. Taormina fu il pretesto per l’abbandono della nave, ormai alla deriva, che utilizzò il principe del Foro di Torino.

Taormina, novello pigmalione, intensificò lo sfruttamento dei media, molto ben disposti verso quel prodotto.

Poi avvenne che si assunsero agli atti le perizie dei consulenti psichiatrici, tratte proprio dalle apparizioni tv dell’imputata, perizie che deponevano a sfavore, per cui Annamaria Franzoni smise di comparire sugli schermi.(salvo ritornarci, temporaneamente, per il lancio del suo libro).

Colpevolista? Sì, chi scrive qui lo è. Colpevolista convinta quanto convinta che Franzoni non dovrebbe essere detenuta.

Checché le difese lavorino di grande fantasia (una sola per tutte: l’assassino che fugge giù per le scale, dandosi alla macchia correndo con un sabot grondante sangue in mano e uno nei piedi!!!, tutto negli ultimi secondi residui ai tre minuti avuti a disposizione per massacrare il piccolo nel letto di casa), purtroppo per loro la fantasia non basta e le carte raccontano ben altre circostanze.

Ma, ammettiamolo, in quelle carte non c’è l’arma del delitto, non c’è un testimone del delitto e non c’è una confessione, indispensabile dopo che la scena di quel crimine è stata completamente alterata, a partire dalla insipienza della dott.ssa Satragni.

Ma il motivo decisivo per cui la mamma di Samuele dovrebbe rimanere libera sta, secondo noi, nell’esistenza di altre due sue vittime.

Si tratta di Davide, il suo primogenito, e Gioele, concepito dopo l’infanticidio.

L’infanzia si può violare in molti modi e quella di Davide e soprattutto di Gioele sono due infanzie violate proprio dalla loro mamma.

E’ stata la decisione di mettere al mondo un figlio, pensando esclusivamente ad egoistici ritorni di vario genere, sia mediatici, sia processuali o anche di gratificazione della sfera affettiva, ignorando colpevolmente i diritti alla vita serena di un figlio, a rappresentare un’altra “prova” del poco senso di maternità matura e responsabile di Annamaria Franzoni.

Eppure successe che, all’annuncio della gravidanza, l’Italia mammona si commosse.

Ma una madre che non tenga conto, preoccupandosene, dell’assenza dei presupposti ambientali idonei a far crescere il proprio figlio, che verrà condannato a vivere nell’incertezza e nel dolore di una famiglia sotto processo, si squalifica da sola.

Le conseguenze ormai sono evidenti e confermate dalla stessa Franzoni, la quale, il giorno dopo la condanna in appello, si è sfogata con l’avv. Savio e, tra le lacrime, le ha singhiozzato che i suoi bambini piangono sempre e le chiedono: “Mamma, ora dovrai andare in prigione?”.

Forse il codice penale non lo prevede ma se appena fosse possibile salvare la vita (quella psichica) di questi bambini, non rendendosi complici di una mamma sciagurata, sarebbe bello toglierli dal tritacarne della giustizia nel quale lei li ha gettati.

Quei due bimbi di traumi ne hanno già vissuti, ma, fra tanti, quello di diventare orfani di una mamma viva sarebbe il più tragico e irreversibile!

A questo punto qualcuno si chiederà: e il pericolo della reiterazione?

Che dire? Forse che tra un danno psichico certo, conseguente alla perdita di un genitore, e la probabilità remota della reiterazione sarebbe meglio impedire il danno certo.

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