7 marzo 2006

L'abbraccio mortifero tra Prodi ed Epifani

Questi sono tempi difficili, forieri di ogni sorta di incertezze    specie per coloro che, come noi liberali, moderati o semplicemente simpatizzanti della Cdl, si apprestano al voto di aprile senza essere sorretti da quella forza cieca ed assoluta rappresentata dall'odio per l'avversario e dalle antiche ideologie che ancora governano le scelte del popolo di sinistra. Noi elettori del centrodestra siamo, grazie al cielo, individualisti e problematici, pronti a scontrarci al nostro interno su tutto (ultima occasione il manifesto per l'Occidente) e uscendo sbattiamo persino la porta. E' giusto e intellettualmente sano che sia così e che i motivi di unione di intenti siano sempre dettati da oggettive ragioni politiche. Io credo di averne individuata una di ragione che vale davvero la messa in disparte di molti distinguo che ripetutamente ci fanno dimenticare la prospettiva inquietante rappresentata dalla possibile vittoria dell'Unione. Torniamo indietro al 4 marzo scorso e ricordiamo l'abbraccio tra i due nosferatu che rappresentano interessi che da decenni hanno vampirizzato le casse dello stato e, dopo soli cinque anni di apparente rallentamento, ritorneranno a farlo con ancora maggiore determinazione e libertà di manovra. Il prossimo governo di centrosinistra godrebbe indisturbato di una rete di protezione e di alleanze rappresentata dalla quasi totalità delle regioni nelle sue mani e dal numero impressionante di strutture locali istituzionali e para istituzionali sotto il suo controllo. Sarebbe il trionfo della concertazione che significherà governare col sindacato e con tutto l'indotto di affari e servizi che la Cgil di sempre controlla e alimenta a costi non indifferenti per la collettività. Quell'abbraccio pubblico tra Prodi ed Epifani offerto ai media come fossimo di fronte a chissà quale novità di alleanza tra i due da sempre sodali compagni, dovrebbe aver suscitato in molti di noi un impeto di orrore per ciò che evoca. Epifani, grazie al senso dell'umorismo di cui dev'essere molto dotato, ha fermamente ribadito il concetto di autonomia del suo sindacato dalla coalizione a "guida" Prodi. Sì certo, la stessa autonomia esistente tra due gemelli siamesi uniti dalla testa! Noi dovremmo dimenticarci la rete di interessi, di iscritti e di eletti, condivisi dai partiti della sinistra, Ds in testa, con la super potenza chiamata Cgil? Un potere che nessuno è mai riiuscito ad espugnare e che si rafforza ogni giorno di più anche grazie alla segretezza dei suoi bilanci impossibili da conoscere in quanto a tutt'oggi nessuna legge è riuscita a imporne la pubblicazione. Per la verità non è che nella Uil e nella cisl dominino trasparenza e indipendenza ma, come si sa, la Cgil ha sempre goduto di quello straordinario valore aggiunto rappresentato dall'essere stato da sempre il sindacato del Pci. Grazie a questo inscindibile quanto inestricabile rapporto, i ruoli degli appartenenti alle due formazioni sono sempre stati interscambiabili e a geometria variabile. Le interessenze e le proprietà della Cgil in quanto anc'essa azionista dell'Unipol e quindi delle coop rosse , rientrano in quel mondo di interessi affaristici rappresentati anche nel partito azienda ieri Pci oggi Ds. Inoltre con la sconfitta della Cdl non ci rimarrebbero più speranze di vedere riformato davvero il mondo del lavoro e le sue regole dettate ancora dal modello sovietico dei CCNL. Sappiamo quanto il conservatorismo di Epifani nasconda il terrore di perdere i costanti flussi di denaro provenienti dallo Stato e dagli enti locali che finanziano gli innumerevoli patronati e associazioni gestiti dall'organizzazione (miniere inesauribili di iscritti). Epifani, al pari dei suoi predecessori, teme le riforme che riducessero la predominante rappresentanza della Cgil nelle aziende, garanzia per il controllo sociale sul territorio nonchè dello sfruttamento gratuito delle strutture che le aziende stesse mettono a disposizione delle sigle sindacali interne. Insomma il rinnovato connubio governo-sindacato coprirebbe l'Italia con una coltre di parassitismo, clientelismo e gestione mafiosa del mondo del lavoro tanto diffusi da rendere soffocante la vita di ciascun cittadino che non si assoggettasse alle imposizioni dirette o velate dei padroni delle tessere e del governo rosso della cosa pubblica.

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