26 aprile 2006

La Bibbia civile di Ciampi non è quella di Bertinotti

Bertinotti il 25 aprile: "L’Italia deve tornare un paese di pace, la Costituzione impone il ritiro delle truppe". Da questa dichiarazione si può affermare che il candidato alla presidenza della Camera ha tutti i numeri che gli servono per essere eletto (la maggioranza assoluta dei deputati) ma certo gli mancano i numeri intesi come capacità di governare l'Aula secondo Costituzione. L’art. 11, della Carta recita: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” E pertanto non si capisce bene a che cosa il segr. del Prc si riferisca quando parla di ritiro delle truppe. Da Rainews: “Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi torna a parlare dell'intervento italiano in Iraq. Le truppe italiane sono andate in Iraq quando gli eventi bellici erano già finiti, ha affermato Ciampi, rispondendo ai giornalisti che ricordavano che l'Italia è ancora in guerra." "Noi siamo arrivati in Iraq quando la guerra era finita. Ricordiamocelo sempre. Le nostre truppe - ha precisato - sono andate lì nel giugno 2003 quando gli eventi bellici veri e propri erano finiti, alla fine di marzo primi di aprile. Ricordiamo sempre questo" (purtroppo queste parole Ciampi non le pronunciò mai quando lo scontro in Parlamento e nelle piazze era al calor bianco). Il governo Berlusconi seguì pedissequamente quanto gli imponeva il rispetto della legge italiana e delle risoluzioni ONU, (altrettanto non fece il governo D’Alema quando ordinò i bombardamenti sui Balcani senza neppure consultare il Parlamento) inviando le nostre truppe in Iraq dopo mesi che la guerra fu dichiarata finita. Con la dichiarazione di ieri Bertinotti non fa che mancare di rispetto al primo garante della Costituzione accusandolo di aver mancato al suo dovere istituzionale non vigilando sulla Legge fondamentale della Repubblica. Ma tutto questo gli verrà perdonato per primo da Ciampi stesso che proprio ieri ha fatto dono a tutto il centrosinistra di un efficacissimo slogan che da oggi campeggia su tutte le prime pagine dei suoi quotidiani. “La Costituzione è sempre stata la mia Bibbia civile”. Non è la prima volta che il Presidente gioca di sponda per Prodi e non si è fatto sfuggire la ricorrenza del 25 aprile per scandire con tutta la solennità possibile un messaggio inequivocabile: votare no al referendum! Ciampi, perfettamente edotto di quanto avveniva fuori dal Quirinale con le polemiche dure innescate dalla coalizione unionista, ha pesato e scandito ogni lettera di quel passaggio del suo discorso, affinchè giungesse come dichiarazione di voto al referendum sulla riforma istituzionale attuata dalla Cdl. Con la ricorrenza appena trascorsa è partita quindi la grande campagna referendaria per il no che si arricchirà ogni giorno di nuove iniziative; è già in edicola l’ultima fatica di Giovanni Sartori “Mala Costituzione e altri mali” (più o meno questo è il titolo) ma il dibattito è già entrato nel vivo anche nelle radio e lo vedremo presto entrare nelle case attraverso i teleschermi. Il regime è ripartito in pieno.

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