8 settembre 2006

FI e lo statuto dimenticato

Statuto di Forza Italia 1998. "Art. 1 - Finalità

Il Movimento Politico Forza Italia è una associazione di cittadini che si riconoscono negli ideali propri delle tradizioni democratiche liberali, cattolico liberali, laiche e riformiste europee. Essi ispirano la loro azione politica ai valori universali di libertà, giustizia e solidarietà concretamente operando a difesa del primato della persona in ogni sua espressione, per lo sviluppo di una moderna economia di mercato e per una corretta applicazione del principio di sussidiarietà."

Seguono le regole stabilite per dare al soggetto politico FI la forma organizzata del partito di cui oggi si parla come se non esistesse.

Basterebbe attenersi all'articolo 1 e gran parte del dibattito in atto a Gubbio sul futuro di FI potrebbe concentrarsi meglio sull'ordine del giorno che si sono dati gli organizzatori. Quell'articolo, con grande sollievo di quanti si sentono liberali, non promette il grande partito liberale di massa! In realtà i termini liberale e massa poco si sposano tra di loro e non trovare questo ossimoro presente nella costituzione degli Azzurri rende più credibile e attuabile il progetto riformatore nato nel 1994. In questi giorni ho letto molte proposte e consigli diretti a Forza Italia e al suo presidente, mi sarebbe piaciuto linkarne alcuni ma sono davvero troppi e mi è stato difficile scegliere tra tutti quanti.

Nel complesso posso dire che non sono tra quelli che rilancerebbero il partito liberale di massa, appunto, considerato che l'Italia non è l'Inghilterra e neppure gli Usa, dove la cultura protestante e l'assenza nella storia di partiti social-comunisti (quelli sì di massa) hanno determinato la nascita di una maggioranza liberale formata da individui educati alla responsabilità personale, alla competizione e alla meritocrazia. C'è chi invece ha affermato che la parola liberale dovrebbe essere espunta dal vocabolario del centrodestra (quindi da FI, immagino), come se ormai fosse stata logorata da chissà quale uso improprio.

Ma per fortuna rileggendo l'art.1 del su citato statuto, la parola è ben inserita e rappresenta la base sulla quale poggia l'articolato fondativo. E se si è liberali, come da dettato, lo si dovrebbe essere sia in economia che nei valori umani e civili, per cui poco convincenti sono coloro che si definiscono liberisti in economia e conservatori nei valori, peraltro sempre pochissimo condivisi in una società complessa, disomogenea e conflittuale come quella italiana.

Fortunatamente, come testimoniano gli ultimi risultati elettorali, non rischiamo di parafrasare Croce per dire: "Perchè non possiamo non dirci comunisti", nonostante cinquant'anni di egemonia culturale catto-comunista! Eppure i prodotti dell'egemonia di sinistra che occupano gli spazi nel tessuto sociale, non solo nelle istituzioni, sono illimitati. Solo tenendo la rotta liberale e liberista di cui alla lettera dello statuto del 1998, si potranno capovolgere le sorti di un Paese fossilizzato nel parassitismo burocratico e nell'assistenzialismo statalista.

In conclusione si potrebbe esortare FI a riconoscersi più nei Salmoni e meno nei baccalà, solo così. potremmo sperare in un'Italia davvero libera e democratica. Un Paese dove le idee liberali potrebbero davvero divenire patrimonio della maggioranza.

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