25 ottobre 2006

Il velo e lo scialle

Da quando in Italia è esploso il dibattito sul velo islamico (non da oggi) è capitato spesso di sentire i soliti relativisti argomentare il proprio giustificazionismo ricordandoci il capo e il volto coperti delle donne italiane del secolo scorso.

Tra la nostra classe politica di sinistra il vizietto di storicizzare fatti di mille, di trecento o di cinquant’anni fa, per farci sentire responsabili di colpe mai commesse dalla nostra generazione, vittima piuttosto di una violenza attualissima e diffusa in un certo mondo islamista, c’è pure irresponsabilmente anche un personaggio tutt’altro che secondario come Giuliano Amato, Ministro dell’Interno.

Dopo questa premessa, eccovi qui una storia vera di una donna occidentale felice di essere coperta dalla testa ai piedi.

Sarda, classe ‘911, carattere di ferro, cattolica praticante, marito e figli rispettosi e ossequiosi della sua autorità, A. viveva immersa nelle sue solide tradizioni culturali.

Una donna cresciuta con indosso gonne lunghe e scialli per coprire i capelli, il busto e qualche volta il viso, quando andava per strada.

Una madre di famiglia, divoratrice di libri, decisionista e programmatrice che in casa, in giardino, nell’orto, al di qua del cancello, insomma, mostrava la testa e le braccia scoperte ma poi, prima di varcare quel confine, meccanicamente scompariva sotto le coltri colorate del suo tradizionale abbigliamento.

Ebbe quattro figlie che non vestì mai come lei, ritenendo quello che veniva definito “alla continentale” il modo di vestire più adatto per il loro tempo.

Non fu certo la tv (praticamente sconosciuta nell’isola degli anni cinquanta) a influenzarne la decisione, quanto la lettura di riviste come “Famiglia cristiana” di cui fu fedelissima abbonata per oltre 50 anni.

Quando però la vita la portò a trasferirsi in quel “Continente” del quale pochissimo sapeva, ebbero inizio i suoi veri problemi.

Questa donna, ormai ultracinquantenne, si scontrò con una realtà sociale accessibile ai suoi figli, anche se tra problemi fisiologici di integrazione (prestissimo risolti), ma chiusa verso la sua diversità così appariscente.

Le vicine di casa pedalavano per strada portando pantaloni o gonne corte, i capelli sciolti e spesso anche essi corti, mentre lei si muoveva goffa e a disagio sotto gli sguardi stupiti e a volte canzonatori della gente.

I figli e soprattutto il marito la incalzavano ogni giorno affinchè dismettesse quel ridicolo “travestimento” e si adeguasse agli usi del suo nuovo paese.

“O ti compri una gonna corta e un fazzoletto qualsiasi oppure con me non esci più” la minacciava il marito. “Non voglio che tutti ti guardino come se tu fossi una maschera di carnevale”.

Che giorni! Che settimane! Che mesi di sofferenza per l’orgogliosa e caparbia donna della Sardegna dalle tradizioni secolari! Quello che si pretendeva da lei era davvero tanto. Le si chiedeva nè più nè meno che di denudarsi! Questo le suggerivano il suo senso del pudore e la sua dignità feriti.

Infine cedette. Si cucì le gonne corte, depose scialli, corpetti e gonnellone sul fondo dell’armadio, si ammodernò la crocchia di capelli e uscì tra la gente col pianto nel cuore e, qualche volta, anche negli occhi.

Gli anni passarono e la nostra A. dimenticò, stupendosi lei stessa, quel passato che ritornava ad emozionarla solo quando, come tutti i sardi sanno, assisteva alle grandi feste in costume ancora piene di vita nella sua Sardegna.

Si potrebbe, da questa storia comune a migliaia di donne emigrate dal proprio paese del sud, azzardare affinità con la condizione delle donne musulmane obbligate da minacce e da sure a indossare veli di ogni sorta ovunque si trovino?

Forse una c’è, ma riguarda solo quelle donne le quali, come la protagonista di questo raccontino, avendo conosciuto nella loro vita solo quel modo di vestire, si sentirebbero violentate se obbligate a scoprire ciò che mai avevano mostrato prima, specie se tutta la famiglia le vieta di farlo.

Il resto è solo segregazione. Autosegregazione e sottomissione della donna musulmana, oppressa da dure leggi che vanno ben oltre il rispetto di tradizioni da cartolina per turisti agostani.

Da Phastidio: ultime dall’Australia

Postato su Quote Intelligenti

Tags: Relativismo culturale, Velo islamico, Donne musulmane, Donne meridionali, Sardegna, Costumi tradizionali

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