22 ottobre 2007

Diliberto è scemo?

No, è solo comunista! “Sono comunista, ma non sono scemo...”; con queste parole Oliviero Diliberto ha tentato di fugare ogni sospetto caduto sulle motivazioni che lo hanno condotto in piazza, sabato scorso. Quella è stata una manifestazione riuscitissima, con partecipazione a sei zeri (le malelingue dicono di meno, ma gli organizzatori avevano i comunicati pronti da giorni con quelle cifre e quegli entusiastici commenti) . Una manifestazione contro? Una manifestazione a favore? Una manifestazione né contro né a favore? Tutte e due le cose, contro Prodi, ma non contro tutto il governo Prodi, contro il sindacato, ma non tutto il sindacato, contro il PD, ma non tutto il PD, contro il protocollo ma non tutto il protocollo, contro i moderati ma non tutti i moderati. E allora? Contro cosa? No, non contro cosa ma a favore di una “cosa”, cioè la “Cosa Rossa”. Ecco, era stata pensata per lanciare in grande stile la nascente “Cosa Rossa”. E cosa sarebbe? Ah, saperlo... Per ora ha un nome o meglio un colore, per il resto non ha un programma, non ha un leader, una location, né ideologica né di schieramento parlamentare. Intanto, non sapendo i suoi promotori dove sedersi (sia a Roma che a Strasburgo), non rimaneva che darsi appuntamento in piazza. Tutti liberi di sfogarsi, cantando e gridando slogan che salivano al cielo in una confusione senza precedenti. Rabbia, risate, manifesti e striscioni tanto contraddittori tra loro che, se costretti nel chiuso di un congresso, avrebbero causato l’esplodere di risse furibonde tra i delegati. Ma la piazza è il luogo deputato allo sfogatoio delle frustrazioni represse e, marciando e ballando, che male ti fò? In tutto questo delirio è intervenuta però finalmente una novità chiara e rassicurante: il coming out di Diliberto! Che lo si definisca lapsus freudiano o lo si attribuisca all’inquietudine che provocano sempre quei pugni chiusi sollevati, quelle logore belleciao, quelle bandiere rosse con falci e martelli, quegli abbracci e baci umidicci di saliva e di sudore dei compagni sconosciuti o che lo si imputi a chissà quale travaglio psicologico inconscio emerso in superficie dopo mesi di sdoppiamenti della personalità, il risultato è una bella confessione in stile “Palombella rossa” di morettiana memoria. “Sono comunista ma non sono scemo” semanticamente si traduce in: essere comunista è da scemi ma io non sono scemo. Questo ha voluto dire il vero Oliviero Diliberto, l’aristocratico professore, esperto d’arte e di vini pregiati, ricco e potente in conflitto con l’ingombrante alter ego comunista, pezzente e pure scemo, col quale finalmente ha saldato i conti. Essere uomini di lotta e di governo alla lunga stanca e, per non esaurirsi senza rimedio, si sente la voglia di accomodarsi in modo definitivo su una bella poltrona... ministeriale. “Sono comunista e pertanto non sono scemo!” questo ci si sarebbe aspettati di sentire dal capo degli antropologicamente superiori, ma, visto che neppure costoro si sono accorti di nulla, l’on. Diliberto avrà tutto il tempo di ricomporsi e ritornare a fare lo scemo, cioè il comunista!

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