4 ottobre 2007

Senatori in rialzo

Quanti saranno stati gli over quaranta, eletti a Montecitorio col centrosinistra, sorpresi a mordersi le mani per non aver avuto in sorte un posto da senatore in questa “fortunata” legislatura che sorride soltanto agli eletti nell’altro ramo del Parlamento?

Tanti, crediamo, perché, se già fin dagli inizi del governo Prodi

c’era una forte domanda di senatori a fronte della nota scarsità d’offerta, è evidente che la inevitabile disintegrazione della “maggioranza” ha fatto crescere a dismisura il bisogno di voti al Senato, i soli in grado di puntellare la traballante poltrona di Palazzo Chigi.

Di tutto questo ciascun senatore è consapevole.

Egli sa di valere tanto oro quanto pesa, come pure sa che il prezzo di quell’oro varia in base al doloroso andamento politico che la coalizione, di volta in volta, attraversa.

L’imminente finanziaria è, senza dubbio, la scadenza dal percorso legislativo più drammatico, che puntualmente porta al rialzo le azioni dei senatori singoli o in gruppo, purché dotati di buona salute e forte resistenza nelle lunghe sedute diuturne, talvolta inevitabili, tra un voto di fiducia e l’altro.

Ed ecco quindi gli “anziani saggi” fare il grande salto di qualità, oltrepassando la contrattazione che fino a ieri veniva condotta a tu per tu con Romano Prodi, per lanciarsi in grande stile nel borsino delle trattative, costituendo, senza scrupoli e senza pietà per gli elettori, nuovi partiti, nuovi gruppi e nuovi movimenti tanto minuscoli quanto potenti.

Assistiamo così, sgomenti e rassegnati, alla nascita fulminea e minacciosa di “Unione Democratica”, di “Liberal-democratici” o di costituenti socialiste, che finiscono col frantumare, polverizzare,complicare e alimentare la già costosa e indistricabile formazione dei partiti del centrosinistra.

Che si tratti di regolamento di conti all’interno dell’Unione o piuttosto di grandi manovre di approdo al centrodestra (come, poco politichesemente, fa intendere Silvio Berlusconi) non ci è ancora dato sapere, ma ciò che balza agli occhi è la pretestuosità delle prese di posizione dei ribelli.

Infatti così Dini come Bordon & co. non possono darci a bere di essersi svegliati di soprassalto giusto ieri ed essersi accorti, d’un tratto e con orrore, che i loro alleati, coi quali per mesi si erano incontrati, scontrati e accordati sul programma per Prodi, non erano, guarda un po’, allievi di Milton Friedman ma dei volgari, retrivi comunisti.

In chiusura, parlando di fuoriusciti, inviamo un pensiero solidale all’infaticabile Daniele Capezzone, al quale maggiori fortune politiche non sarebbero mancate di certo se avesse potuto barattare la sua poltrona di presidente di una commissione (per quanto prestigiosa) con quella di un senatore della repubblica. L’età però non glielo avrebbe permesso e, gli sia di consolazione, in fondo la giovinezza vale più della carriera politica.

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