7 novembre 2007

Fu un marito affettuoso e un padre esemplare

Con questo abusato epitaffio iscritto sui marmi tombali o sui necrologi cittadini si suole riassumere lapidariamente (è il caso di dirlo) quella che sarebbe dovuta essere l’esistenza di un defunto.

E’ la tradizione che lo vuole, per un diffuso senso di rispetto che si deve verso chi è passato a miglior vita. Tutti sono consapevoli che la frase è solo convenzionale e poco importa se il congiunto che giace dentro quella bara, al contrario, sia stato un uomo violento che picchiava moglie e figli dopo essere tornato a casa ubriaco.

Chi mai, durante le esequie, rischierebbe il linciaggio proferendo ad alta voce ciò che veramente pensa dello scomparso?

E in fondo è giusto così.

D’altronde anche intorno alla morte di Enzo Biagi sembra che le cose non stiano poi andando tanto diversamente.

Le lodi e gli elogi sulla sua vita privata e professionale sono grandinati sui media in modo assolutamente trasversale e migliaia di coccodrilli hanno “listato a lutto” stampa e radiotv.

Biagi, idolatrato da vivo, si guadagna una sorta di beatificazione da morto, in una gara senza ostacoli a chi lo ha conosciuto di più e meglio.

Ma fu vera gloria? Non c’è stata, per caso, una conformistica sopravvalutazione dell’uomo e del professionista? Certo che sì! Sarebbe troppo lungo però sondarne qui le motivazioni, che sono innumerevoli e rientrano nei livelli vari e complessi delle dinamiche che si agitano tra l’umano e il corporativistico.

Noi abbiamo sempre giudicato Biagi un luogocomunista, un intellettuale che ha concorso a mantenere gli italiani fermi nell’illusione che l’unico pericolo per la nostra democrazia fosse rappresentato dal nazifascismo; l’indulgenza verso il totalitarismo socialista è al centro dei suoi vecchi documentari sulla Cina maoista o sui paesi sotto il dominio dell’Urss.

Per noi Biagi rimane quello delle banalità inflitte ai lettori del Corsera trasfuse nei suoi ripetitivi editoriali domenicali.

Biagi è stato di certo un talentuoso artigiano della scrittura, peccato che quello che scriveva non fosse all’altezza di quel talento.

Perché poi fingere di dimenticare che la buonanima fece un uso improprio del servizio pubblico televisivo, esponendosi fino a turbare pesantemente lo svolgimento di una campagna elettorale?

Perché voler dimenticare di come blandisse un Silvio Berlusconi imprenditore di successo e di come ne divenne un feroce denigratore quando questi si diede, da impolitico, alla politica?

Noi vogliamo ricordare Enzo Biagi attraverso questo post di oltre due anni fa, firmato da Blind (nick name precedente di Perla), pubblicato in un blog che, a quel tempo, ci piaceva.

Nondimeno, comunque la si pensi, riposi in pace!

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