5 novembre 2007

Quando i Veltroni fanno oh

Col passare degli anni c’è chi diventa sempre più cinico e disincantato, smette di credere a Babbo Natale e alla Befana, guarda la realtà che lo circonda con spirito critico e, se è stato fortunato, si rallegra per non aver commesso troppe sciocchezze nella vita.

C’è chi ha fatto politica e si sente a posto con se stesso, contando di essere cresciuto militando nella parte giusta, quella, per essere precisi, dove si sarebbe aspettato di incontrare idealmente Ayn Rand e dove orecchiava storie e filosofie liberali.

C’è chi pensa che, se pure quella non fosse stata l’unica parte giusta, non si è però dovuto pentire di esserci stato perché mai nessuno, né dentro né fuori né vicino né lontano, si era reso complice del più piccolo crimine in nome del comune ideale.

C’è chi si compiace di aver capito prestissimo, nonostante la generale santificazione, che il comunismo non era solamente un’idea sbagliata ma che dove aveva attecchito non poteva aver disseminato altro che il terrore.

C’è chi quel tipo di terrore lo vedeva raffigurato ogni giorno ovunque e non si spiegava per quale giustificato motivo parlasse solo tedesco e italiano.

C’è chi avrebbe voluto che quel sacrosanto monito. “per non dimenticare”, rinnovato ad ogni riproposizione delle immagini crudeli sulle atrocità nei lager nazisti, avesse accompagnato anche le immagini sulle atrocità commesse per circa un secolo dai comunisti al potere in ogni parte del mondo.

Qualcun altro invece c’è che è sempre stato dalla parte sbagliata, che ha guidato per anni organizzazioni comuniste, che lo ha fatto da potente e squadrato dirigente del Pci-Pds-Ds, che si è reso complice degli errori, anche mortali, sottaciuti e nascosti durante trent’anni di omertosa carriera nel potente partito-azienda (foraggiato dai finanziamenti illeciti in rubli, Coop rosse capitali Unipol e altro) e che oggi si candida a governare l’Italia.

Tuttavia, con lo stesso stupore di quando i bambini fanno oh, eccolo spalancare la bocca e: “Oh, non mi ero mai accorto dei campi di concentramento di Pol Pot”!”???. “Oh, ma davvero c’erano i gulag in Russia?”. “Oh, ma Mao aveva sterminato milioni di cinesi durante la sua rivoluzione e ha continuato anche dopo?”, ecc.. Leggendo qui si potranno trovare le varie dismissioni del pesante corredo ideologico di sinistra operate dal neo democratico Veltroni.

Ma noi proprio non gli crediamo! Non si può confidare in un uomo che si esprime con questo legnoso politichese: “Io ero ragazzo negli anni settanta ma pensavo che avesse ragione Jan Palach e non i carri armati dell’invasione sovietica.”!!! Evidentemente per il compagno “mai stato comunista” in fondo tra un ragazzo che si dava fuoco in nome della libertà e gli spaventosi carri dell’Armata Rossa c’era stato solo un confronto dialettico su alcuni punti di vista divergenti!

E tanto era convinto delle ragioni di Jan Palach che pochissimi anni dopo la tragedia di Praga, ancora inorridito dal criminale regime comunista, Veltroni entrò nel partito noto per essere il suo miglior alleato d’occidente e vi iniziò una brillantissima carriera di autentico partitocrate.

Da anni, nonostante la sua storia, millanta di non essere mai stato comunista, ma provate ad ascoltare qui Fiamma Nirenstein, che con lui ha militato, nella loro non molto lontana gioventù, dentro la FGCI.

Noi non crediamo a Walter Veltroni, crediamo a Fiamma Nirenstein, che fatichiamo ad immaginare col pugno chiuso alzato al fianco del compunto grigio segretario del Pci. Mentre Nel Veltroni di oggi, al contrario, continuiamo a vedere l’intransigente burocrate da comitato centrale, che ha cambiato look ma non forma mentis.

Non gli crediamo perché non ci convince chi fonda, nei peggiori dei modi, un Partito chiamato democratico. –Democratico- è il termine più abusato da tutti gli ideologi e dittatori comunisti, da lui stesso riproposto ad ogni riformulazione nominale del partito di Togliatti.

Forse persino gli americani, che lo adottarono in tempi non sospetti, non lo userebbero più, visto come tra di loro si è diffuso da tempo l’appellativo liberal.

In un Paese occidentale moderno non ha senso ricorrere all’aggettivo democratico, è tautologico e vuoto di valore riformista, sa di stantìo e di rimasticato all’infinito, nondimeno è perfetto in bocca allo strano segretario del PD.

Per quanto cerchi di nasconderselo, è realistico concludere che il già incoronato premier si sentirebbe completamente a disagio se venisse trascinato su un terreno non suo che portasse il nome di una vera rivoluzione liberale.

Ha fondato, con altri “giovani” rottami del cattocomunismo, un partito vecchio, dove tutto è già scleroticamente sovietico; dove c’è un segretario, un comitato di probiviri, tante sezioni e un immenso patrimonio finanziario e immobiliare, legato mani e piedi alla finanza rossa, al sindacato organico e ai poteri forti che paralizzano ogni volontà di riforma dello stato.

In questo articolo di Marco Cavallotti la prova di cosa intendano Veltroni e i veltroniani per presa di distanza dall’esperienza comunista.

Tags: Walter Veltroni, Partito Comunista, Partito Democratico

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