9 novembre 2007

Sull'uccisione di Enzo Biagi

Con tutto il rispetto che si deve ai morti ma soprattutto per quello che si deve ai vivi, sinceramente ci viene da sorridere amaro nell’assistere allo spettacolo penosamente comico che un evento tragico come la morte di una persona ha prodotto.

Sorridiamo perché troviamo ridicolo che davanti alla salma di un ricco signore quasi novantenne si pronuncino frasi del tipo “Lo hanno ucciso!”. Scusate ma si tratta anzitutto di mancanza di rispetto per la memoria e la dignità stesse dello scomparso!

E’ grottesco che qualcuno, che si tratti della figlia o dell’amico alto prelato o dei soliti politici che conosciamo, possa lasciare intendere che un uomo sia morto in seguito al dolore profondo dovuto alla perdita di dieci minuti di apparizione televisiva cinque giorni alla settimana.

Chi, alla tenera età di ottantadue anni (quando i suoi coetanei sono andati in pensione già da venti), può essersi sentito gravemente depresso e frustrato per un lavoro in meno, soprattutto dopo aver incassato una buonuscita miliardaria?

E’ patetico e ridicolo allo stesso tempo immaginare che un individuo sia tanto piccino di spirito e di intelletto da sentire che la sua esistenza senza tv è mortalmente minata.

Ma dicono che è stato ferito a morte da un ”editto bulgaro” emesso contro di lui da Silvio Berlusconi.

Beh, che la si voglia dare a bere al pubblico distratto o fazioso per ottenere consensi, in questo momento difficile per l’attuale maggioranza, lo crediamo; quello che non crediamo è che Enzo Biagi non sapesse che non ci fu nessun editto ma che, allora come oggi, l’ordine era di strumentalizzare ogni evento che potesse colpire l’immagine dell’odiato nemico.

Quel 18 aprile del 2002 Berlusconi era a Sofia, aveva terminato una conferenza stampa e, a margine di questa, fuori dall’ufficialità, si mise a discorrere coi giornalisti che lo circondavano.

Qualcuno gli fece delle domande sulla Rai e lui rispose così: “La Rai tornerà ad essere una tv pubblica, cioè di tutti, non partitica come è stata durante l’occupazione militare della sinistra. L’uso fatto da Biagi, da quel...come si chiama? Ah Santoro e da Luttazzi, è stato veramente criminale e fatto con i soldi di tutti. Preciso dovere di questa dirigenza sia quello di non permettere più che questo avvenga.”.

Queste parole pronunciate da un Prodi avrebbero suscitato frenetici applausi e consenso universale!

Bisogna anche dire che i tre tele-conduttori erano investiti di un diritto divino a restare fino alla morte in Rai, diritto che appartiene solo a quelli di sinistra, gli altri vengono cacciati in silenzio senza che nessuno pensi di incendiare Viale Mazzini.

Forse che richiamare la tv pubblica alla sua missione pluralista e non partitica (scusate ma scrivere tv pubblica ci causa allergia) è una proposizione da dittatore?

E’ evidente che soltanto una persona patologicamente autolesionista avrebbe potuto comunicare ai giornalisti l’intenzione di licenziare dei dipendenti della Rai, specie di quel calibro.

Enzo Biagi non poteva non sapere che il suo nome era stato usato a mo’ di esempio (calzantissimo!) e che l’allora Presidente del Consiglio non pensava affatto al suo allontanamento.

Intanto Filippo Facci viene censurato dalla Rai di oggi, querelato per aver espresso il suo diritto di critica attraverso il suo quotidiano.

Sembra di vivere una commedia dell’assurdo, sapendo che ieri, nel programma di Santoro, dove si delirava sulla cacciata di Biagi, doveva essere presente proprio Facci, escluso invece da un “editto romano” e che, non essendo un giornalista allineato a sinistra, temiamo che non se la passerà bene durante i prossimi mesi a venire.

Tags: Enzo Biagi, Silvio Berlusconi, Rai, Filippo Facci, Calunnie

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