29 luglio 2007

Mettiamo che la Terra avesse un anno

Da “Conoscere” l’ enciclopedia dei ragazzi, edizione del 1963:

“...la Terra ha la venerabile età di 5 miliardi di anni!

E’ un tempo tanto lungo che non è possibile farsene un’idea.

Per “comprendere” l’enormità di questo tempo, facciamo questa ipotesi, naturalmente irrealizzabile. Immaginiamo di poter restringere la storia della Terra nel periodo di un anno, da quando la sua superficie cominciò a consolidarsi, sino all’epoca attuale.

Tenendo presente questa proporzione, vediamo che per circa dieci mesi si succedono sul pianeta avvenimenti ancora per noi misteriosi e oscuri; appaiono intanto i primi esseri viventi sottoforma di vegetali inferiori. Poi, all’inizio dell’undicesimo, comincia la cosidetta Era Paleozoica caratterizzata da spettacolari fenomeni vulcanici. Seguono quindi l’Era Mesozoica e quella Cenozoica. Diverse specie di vegetali e di animali nascono e poi scompaiono, altre si modificano dando vita a specie nuove. Verso gli ultimi giorni dell’anno appaiono alcuni animali a noi ben noti, quali il cavallo e il bue. Nel penultimo giorno appare finalmente l’uomo. Per parecchie ore egli si aggira, brutto nell’aspetto, in mezzo alla natura selvaggia del suo mondo.

Negli ultimi minuti, prima dello scadere del nostro anno, l’uomo diviene civile. In un paese dell’Oriente, in una capanna, nasce Gesù. Da allora sono passati circa duemila anni, ma, per il nostro paragone, appena quindici secondi!”.

Andateglielo a dire a quelli che: “l’uomo è colpevole del buco nell’ozono, l’effetto serra, il surriscaldamento del pianeta”!

E questo geocidio lo avremmo commesso nel giro di pochissimi centesimi di secondo.

Ma tornando a “Conoscere”, non resta che inchinarci di fronte all’efficacia del metodo divulgativo e allo stile didattico e letterario dei suoi “antichi” redattori.

Il sapere a fascicoli, quello che faceva inorridire i professoroni e gli intellettuali dei libri rilegati in cuoio, lanciato dai fratelli Fabbri, oggi quasi estinti, rivisto ora appare di un livello culturale superiore alla media che conosciamo.

Quantunque in molte pagine superato dai progressi della storia e della ricerca scientifica, quel modo non ideologico di diffondere la “conoscenza” tra i ragazzi forse è ingiusto che appartenga oramai solo al mondo del collezionismo e del modernariato.

Tags: Enciclopedia Conoscere, Fabbri Editori, Ambientalismo

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23 luglio 2007

Adinolfi e il nientismo virtuale

 

In questo blog non c’è e non ci sarà mai spazio per le critiche negative ai blogger, vicini o lontani, idealmente affini o opposti che siano alla nostra soggettivissima visione della vita.

Non ci piace ergerci a giudici del pensiero e del lavoro di chi, partendo dalle stesse identiche opportunità e mezzi informatici di questo blog, esprima le sue opinioni, per quanto intimamente ce ne sentissimo lontani e, qualche volta, avversi.

Siamo consapevoli che i riflessi tribali sono spesso in agguato nell’animo di coloro che scrivono e che tendono a formare la propria piccola o grande tribù virtuale, di link l’un contro l’altra armata.

Graffiarsi e mordersi, a volte con ferocia a volte col sorriso, via post sembra vivifichi la blogosfera.

Pertanto crediamo fortemente che Perlascandinava farebbe morire, causa assenza di tifoserie, il mondo dei blog, in quanto affetta da cronica pigrizia e un’irrefrenabile bisogno di sbadigliare se chiamata ad inutili contraddittori.

Giusto o sbagliato che sia, noi ci fidiamo solo del giudizio espresso attraverso gli accessi e quando qualcosa non ci piace semplicemente e serenamente non frequentiamo.

Qui ci sollazza parlare di politica e di politici, non dei loro simpatizzanti o elettori, e un politico che fa anche il blogger o un blogger che fa anche il politico come Mario Adinolfi è molto più sfizioso da seguire (non troppo però) in questi giorni densi di vacanziera vacuità.

Sotto gli ombrelloni spadroneggiano i rotocalchi e l’effimero è quanto di meglio assimilabile sotto il sole infuocato; ragion per cui, per battere la concorrenza dei giornaletti rosa, anche la cronaca politica si tinge di nientismo, trasformando anche i seriosi (ma non seri) quotidiani in megafoni dell’inutile!

Il blog, fino a quando non si picca di voler diventare un mezzo per cambiare il mondo a suon di sermoni, censure e lezioni di saper vivere, può essere divertente per chi scrive e per chi legge, a volte inconsapevole aiuto per qualcuno che vuol formarsi un’opinione su una o più questioni; è sicuramente un prodigioso veicolo di informazione e controinformazione ma è soprattutto il modo più formidabile e più libero di fare autopromozione.

Mario Adinolfi questo lo sa e lo stra sa!

Egli è un vero mostro del blogging, al punto da essersi lui stesso mutato in un essere virtuale che fa politica virtuale in un partito virtuale candidandosi in primarie virtuali nella sfida a un candidato vincente virtuale, risucchiando e perciò annullando dentro la dimensione puramente mediatica quella terrena, assillata dai bisogni reali di milioni di cittadini che forse non sanno neppure che esiste un mondo come quello del weblog, lontano anni luce da loro e dai loro problemi.

Ad Adinolfi, futuro presidente del PD, il partito tenuto in vita solo dallo spazio virtuale e dai giornalisti complici di questo insostenibile regime, possiamo dire che per quanto fosse pure perdente in partenza la sua candidatura a sindaco di Roma (o presidente regione Lazio?) quella la si poteva definire degna di rispetto e l’uso dei blog per raccattare voti assolutamente virtuoso; oggi però ci permettiamo di sorridere un pò ironici di questa beffa estiva, malinconica replica di quella prodian-unionista di due anni fa.

 

Aggiornamento:

Forse questo post Giornalettista prende troppo sul serio

 l'Adinolfi? Carino, però.

Aggiornamento 2:

Ismael docet

Aggiornamento 3:

Da Le Guerre Civili con levità

Aggiornamento 4:

Quando il blogging si fa carne:

il candidato alle primarie che, con rammarico,  da naturalizzata norvegese non posso più votare.

Aggiornamento 5:

Di lei dicono che è una fascista, allora lo saranno mica anche  le decine e decine di milioni di Repubblicani negli USA?

Aggiornamento 6:

Un rimbalzo da La Pulce di Voltaire  

 

Tags: Mario Adinolfi, Primarie, Blogosfera

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18 luglio 2007

Bonino? Senza offesa: ma vaffà

La Corte di Cassazione ha appena sdoganato il “vaffà””! Lo ha fatto con una sentenza molto divertente e che solo in Italia, crediamo, avrebbe potuto aver luogo.

Pertanto da oggi, considerato che questo invito non è più un’offesa, anche qui ci sentiamo liberi, visto che ci scappa, dopo aver ascoltato le parole che seguono, di lanciare al ministro Bonino un bel vaffà.

Ecco cosa ha detto esattamente:

“Io ho ritenuto corretto, necessario ed urgente, in questo contesto, non già minacciare alcunché, mi nac cia re alcu nché! Dimissioni o altro ma puramente semplicemente rimettere nelle sue mani il mio incarico perchè sia il presidente a decidere se il mio permanere al governo sia opportuno o comunque compatibile con le ragioni stesse per le quali abbiamo fin qui sostenuto e speriamo di continuare a fare, il suo compito e il suo mandato. O se invece lo siano le posizioni conservatrici quando non reazionarie della sinistra comunista e sindacale...”

”…Ripeto e l’ho scritto testualmente, lo ripeto non sto minacciando nulla, nè dimissioni nè altro, sto affidando al presidente del consiglio la valutazione sulle scelte che vuole fare sulla compatibilità, l’utilità della permanenza di una formazione riformatrice...”

“ma vaffà!”.

Eh, quando ci vuole ci vuole!

Tutte le rassegne stampa di ieri mattina sono state impegnate nella lettura di editoriali e cronache di ogni genere sul mandato rimesso nelle mani del capo del governo che però non sono neppure una minaccia di dimissioni! E cosa sono allora? Una scorciatoia facile per ottenere le prime pagine dei giornali? Un annuncio non annuncio rivolto ai pochissimi residui iscritti radicali e militanti stufi e scoraggiati dai troppi funambolismi filogovernativi, un giorno giustificati come scelta felice e consapevole, un giorno come scelta impostagli da quel cattivone di Berlusconi che non li ha voluti con sé?

Già durante la campagna elettorale, quando Emma Bonino cercò e ottenne visibilità, abbandonando platealmente il tavolo degli alleati dell’Unione dichiarando urbi et orbi che lei mai avrebbe firmato quel programma elettorale, ci sentimmo presi in giro. Infatti, uscendo dalla riunione, convocò tutti i media alla manifestazione della Rosanelpugno che si teneva al Teatro Eliseo di Roma, dove la ultrapannelliana Emma riaffermava tutta la sua stima e il suo appoggio a Romano Prodi.

Nel frattempo però tutte le agenzie avevano riportato il colpo di teatro della candidata nella lista dei sedicenti socialisti-liberali!

Ieri ha voluto replicare, nonostante che il terrore di perdere le poltrone scorra sulla schiena di ciascun eletto dei Radicali italiani, intorno ai quali si è ormai fatta tabula rasa.

Ma un altro vaffà lo merita, la signora Bonino, dopo la spudoratezza con la quale ha mancato di rispetto al Senato, dove le veniva chiesto di chiarire ai senatori dell’opposizione in quale veste fosse presente stamane in aula, se come dimissionaria o come ministro a tutti gli effetti.

La ministra ha pensato bene di non rendere conto all’assemblea di Palazzo Madama di quanto sta succedendo tra lei e il presidente del consiglio, visto che i fatti erano già stati trattati fuori dall’aula.

In pratica, secondo la liberalissima e democratica radicale storica, ai senatori doveva bastare leggersi i giornali dove, ha detto, è aperto un dibattito pubblico..

Evidentemente i media hanno diritti che sono negati agli eletti dal popolo e la poco onorevole ministra non si è sentita in dovere di dare comunicazioni ufficiali sulla pantomima di cui si è resa protagonista in queste ore.

Ma quel che più rende insostenibile la presa di posizione di Bonino è l’aver messo su l’aria di quella che si è svegliata ieri scoprendo improvvisamente che nella maggioranza della quale fa parte ci sono i comunisti che bloccano le riforme.

Pensare che noi tutti, persino da qualche migliaio di km di distanza, ce ne eravamo accorti da quel dì, cioé da quando nacque l’Unione!

Ministro Bonino, invece di minacciarle le dimissioni le dia! Le dia per le false liberalizzazioni, per la oscena controriforma della Giustizia, per aver lottizzato ogni istituzione nel Paese, per aver aumentato le tasse, per lo spettacolo indecoroso che tutti i giorni infliggono ai cittadini, perchè non si ha neppure la certezza che abbiano vinto le elezioni e per ancora tanti giustificati motivi.

Tags: Governo, Emma Bonino, Senato

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17 luglio 2007

Furio Colombo e i pensionati

“...i soldi sono nei tesoretti di Corona e Fiorani e Lele Mora, veri monumenti al valor civile del nostro tempo. I costi del lavoro li stabiliscono loro. La pensione, magari un pò eccessiva, l’hanno già accumulata...I figli di quei poveri diavoli che adesso sono col cuore in gola in attesa di sapere se devono vergognarsi di andare in pensione prima dei sessantacinque anni... adesso, quanto a modelli per il futuro, sanno dove guardare...”.

Quanto sopra è contenuto in un recente editoriale di Furio Colombo ed esprime, lasciatecelo dire, un concetto da simple mind, verosimilmente mutuato dalle conversazioni alterate dal buon rosso emiliano, frequenti tra i tavoli delle sale da Bingo o delle case del popolo, captate da qualche collaboratore del senatore-giornalista diessino.

E’ chiaro che per il fu presidente della FIAT statunitense, passato dal dorato servaggio degli Agnelli a quello del proletariato, il nuovo nemico di classe non è più il padrone sporco capitalista ma è il fotografo cafone che, per maggior disdoro, direttamente o indirettamente, si è macchiato del reato di lesa maestà verso due splendidi esempi di irreprensibile signorilità come gli intimi Silvio Sircana e Lapo Elkan!

Furio ha ragione! La pericolosità sociale di Corona, Mora e Fiorani è altissima e comprovata dallo stesso Colombo che, guarda la combinazione, egli iscrive d’ufficio tra le fila berlusconiane, che oggi minacciano cinicamente la serena vecchiaia dei lavoratori dipendenti.

La pericolosità sociale di Fabrizio Corona e dei suoi complici sta nell’essere il modello negativo per antonomasia, totalmente privo di senso civico, al quale le nuove generazioni di proletari si ispireranno senza dubbio, da teledipendenti decerebrate quali sono (!?!).

Insomma il settantaseienne giornalista rieletto al Senato, in piena attività professionale e spartitocratica (per mero spirito di servizio spartirà la grottesca e finta sfida a Veltroni con la margheritina Rosi Bindi, nel tentativo di rivitalizzare il già morituro Pd), nonchè super pensionato metalmeccanico, difende la classe operaia che, si sa, va sempre in paradiso in compagnia, naturalmente, degli impiegati della pubblica amministrazione, ingiustamente offesi dal traditore Ichino.

Che i salariati e stipendiati italiani meritino il paradiso, se paragonati ai loro colleghi europei o statunitensi, resta una verità fuor di metafora, ma non è certo per colpa dei tesoretti di tre innocui personaggi dello showbiz che essi vivono una vita lavorativa d’inferno, dalla quale non vedono l’ora di affrancarsi.

Ben altrove si muovono gli artefici dell’usura psicofisica di cui soffrono gli aspiranti alla “pensione subito!” e il prof. Sen. Colombo li scoprirebbe agevolmente se guardasse entro la sua stessa area politico-culturale, risparmiandosi e risparmiandoci così il ridicolo di certa demagogia da osteria degli Appennini.

Se davvero di tesoretti vuol parlare, parli di quelli ai quali poco si presta il diminutivo etti, accumulati dai sindacati a scapito dei contribuenti lavoratori sulla pelle dei quali hanno fondato il loro strapotere, accresciuto i loro immensi beni e moltiplicato gli incalcolabili privilegi.

Un successo mietuto grazie a una serie infinita di leggi, riforme, controriforme che le OO.SS si sono ritagliate su misura per poter esercitare un controllo stretto su gli occupati, disoccupati o pensionati che fossero.

La sterminata normativa che inonda i ccnl, i contratti integrativi, lo statuto dei lavoratori, nonchè gli uffici di collocamento da terzo mondo, gli ispettorati e i tribunali del settore hanno sottratto al lavoratore dipendente (specie a quello meno qualificato) la facoltà di autopromuoversi, sviluppando capacità individuali di contrattazione diretta con il datore di lavoro.

Divenuta un vero e proprio centro di sottopotere, la triplice Cgil-Cisl e Uil ha abbandonato sempre di più il suo ruolo istituzionale di tutela del dipendente dentro l’azienda, trasformandosi in apparato affaristico-politico-burocratico, per mantenere il quale ha reso sempre più rigidi i rapporti e le condizioni interni al mercato del lavoro.

Anni di immobilismo statalista, con lunghi adempimenti burocratici da espletare ad ogni accesso all’impiego, hanno forzato chiunque a rimanere abbarbicato per tutta la vita a un unico posto, a costo di morire.

Come fa il sindacato a non opporsi ferocemente, quindi, alla riforma Biagi che libera il mercato rendendolo pericolosamente flessibile, sottraendolo al suo controllo?

Ormai “liberalizzati”, gli uffici di collocamento non sono più (da troppo poco tempo) quell’infamia che hanno rappresentato per decenni: sfiancanti forche caudine frapposte tra il cittadino e il suo diritto al lavoro.

Ma il povero Pautasso, attualmente operaio ultracinquantenne, sa cosa ha voluto dire giungere all’età lavorativa e doversi iscrivere per forza nelle liste di collocamento.

Ricorda bene quegli uffici lottizzati e gestiti dai sindacati dove lui andava quasi tutti i giorni a vedere se il suo nome si era mosso di qualche posizione, aspettando la chiamata come si aspetta l’estrazione dei numeri al lotto o sperando in una buona raccomandazione che riuscisse a smuovere un pochino gli assonnati funzionari. Sottoposto a lunghe e umilianti attese, costretto magari a rifiutare un’offerta di lavoro per chiamata diretta perchè vietata dalla legge, subiva già i primi colpi usuranti per mano del sistema e dei metodi sindacali...

(continua...)

Tags: Furio Colombo, Lavoro, Pensioni, Sindacati

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16 luglio 2007

Ora Amato ci illumini

Corano o tradizione siculo-pakistana?

Il ministro degli interni Amato, assurto al rango di mullah e fine, anzi Sottile, interprete del testo sacro dell’Islam, ci illumini su questa terrificante ennesima tragedia consumata in un paese a regime teocratico.

Il 10 luglio in Iran un uomo è stato lapidato, dopo aver “vissuto” undici anni in un mostruoso carcere degli Ajatollah, sotto l’accusa di aver fatto sesso con una donna fuori dal matrimonio.

Nonostante le forti pressioni internazionali, (chissà se c’erano anche quelle del governo italiano?) un cittadino è stato assassinato e la sua “complice in amore” probabilmente lo sarà prestissimo.

Il governo norvegese, se pur affetto da alcune contraddizioni, ha convocato l’ambasciatore iraniano a Oslo per avere chiarimenti sull’atroce crimine contro l’umanità, l’ennesimo perpetrato dal regime dei mullah.

Mohammad Javad Larijani, (udite, udite!) segretario generale della commissione diritti umani iraniana (Mr), ha dichiarato che la lapidazione è basata sulla legge islamica della sharìa!

Ma secondo il nostro “dottissimo” ministro non esiste nessuna religione che rappresenti un Dio violento e, tutto sommato, la diatriba in corso si risolve in un fatto di uomini maneschi siculo-pakistani che picchiano le donne.

Tags: Politiche di integrazione, Giuliano Amato, Iran, Sharìa

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12 luglio 2007

Da dott. Sottile a mullah de noantri

Più che sottile Amato lo si può definire evanescente, un mullah alle vongole che da laico, anzi laicissimo, insegna il Corano ai musulmani.

Un uomo pericoloso per la sua superficialità associata a un relativismo culturale da brivido.

Bisognerebbe ascoltare con attenzione la sua esposizione di ieri al convegno su Islam e integrazione organizzato dal ministro stesso allo scopo di confrontare i suoi programmi di valorizzazione delle diversità multiculturali con la politica di integrazione del governo olandese.

Dall’Olanda, ospite d’onore, è arrivata la ministra socialista dell’integrazione, Ella Vogelaar, la quale, da adesso in poi, sentirà l’urgenza di concentrare il suo programma di scolarizzazione per gli stranieri di religione islamica sui pakistani e, sempre grazie ad Amato, guarderà con una certa preoccupazione gli immigrati siculi.

Tutto, proprio tutto, l’intervento del ministro Amato è stato incentrato sul tentativo di liquidare una tragedia come quella della segregazione delle donne nel mondo islamico come una bagattella da imputare a certi maschiacci dalle mani troppo lunghe!

Si tratta, come egli ha spiegato, di maschiacci pakistani (ha detto solo pakistani), i quali, come quelli siculi ante-riforma del diritto di famiglia, picchiano le loro mogli. Quindi, verrebbe da dire a noi che lo abbiamo ascoltato, basterà imporre l’osservanza della riforma del 1975 anche agli immigrati pakistani e, oplà, il problema della violenza contro le donne musulmane è bello che eliminato!

Giuliano Amato, ministro della Repubblica italiana, ha detto e ribadito che in tutto questo Dio non c’entra, il Corano non c’entra, la religione non c’entra... e lui lo sa. La sua sconfinata cultura lo porta a ricordare che anche i siciliani, rappresentati perfettamente in “Divorzio all’italiana”, erano così come i pakistani.

Quindi Hina è stata massacrata da un emulo di Marcello Mastroianni? Eppure Hina Saleem non era sposata e ad ucciderla e a straziarne il corpo non è stato il marito.

Neppure Theo Van Gogh è stato sgozzato da un marito geloso o libertino e la sua testimone, che in Submission ha denunciato come un’interpretazione violenta e diffusa del Corano sia scritta sulla pelle delle donne, oggi vive sotto costante minaccia di morte.

A noi, come liberali, non interessa una disquisizione sulle Sure, non siamo teologi e, soprattutto, sappiamo quante infinite letture si fanno del Corano, a seconda della lingua nella quale viene stampato o dell’imam che se ne fa divulgatore.

Ormai abbiamo letto tutto e il contrario di tutto sulla religione islamica e ci saremmo aspettati che un ministro che ha in mano la sorte civile dei suoi concittadini si esimesse dal dissertare di misteri della fede.

La sicurezza e il benessere della popolazione non passa dalle moschee ma dalla giurisdizione penale e civile voluta dai parlamenti e sottoposta al rispetto di tutti coloro che vivono dentro i confini dello stato.

Se pure le mutilazioni genitali, le deturpazioni con l’acido solforico, gli sgozzamenti, le lapidazioni, le impiccagioni, il burqa e quant’altro di orrido fossero previsti a caratteri cubitali in qualunque “testo sacro”, a un ministro spetterebbero solo le iniziative atte a reprimere i reati contro la persona istigati da simili prescrizioni di ordine confessionale.

Non si possono criminalizzare le diversità ma non si devono neppure, crediamo, sdrammatizzare con tanta leggerezza certi fenomeni criminali che irresponsabilmente il ministro Amato vorrebbe ignorare tra una battuta e l’altra da cabaret.

Le donne musulmane che il 28 giugno erano davanti al tribunale di Brescia (sostenute dalle sole Daniela Santanché e Anselma Dall’Oglio) chiedevano giustizia secondo le leggi degli uomini e non secondo la legge divina.

Fino a quando le femministe alla Barbara Pollastrini saranno in totale sintonia con il ministro degli interni, le donne e le bambine nate nelle famiglie immigrate dai paesi dove si applica la sharìa o si professa la religione dell’Islam, che subiranno violenze e minacce di morte, si sentiranno sempre più sole e indifese.

Il relativismo di Lili Gruber che, gelando un incredulo Magdi Allam, assimilava, parlando a “Porta a porta”, la condanna dell’adulterio da parte della Chiesa cattolica alle lapidazioni delle “adultere”, eseguite ogni giorno (non solo sotto i regimi teocratici), è drammaticamente condiviso da gran parte delle donne di sinistra e fa dire a Barbara Palombelli, dagli studi di Radiodue, che la depilazione con la ceretta è un atto autolesionista compiuto dalla donna italiana in sottomissione al maschio, uguale a quello attuato dalle donne musulmane attraverso la mutilazione dei propri organi genitali!

Tags: Giuliano Amato, Immigrazione, Islam, Femminismo

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11 luglio 2007

Norvegia, la scelta giusta

Ovvero: l'angolo della sborona!

 

Anche quest’anno The Found for Peace e la rivista Foreign Policy hanno elaborato l’indice mondiale degli stati fragili e falliti, redigendo una nuova classifica fra 177 paesi presi in esame secondo criteri inerenti la politica, il sociale, la sicurezza e l’economia.

I parametri di valutazione sono espressi in una quindicina di punti caratterizzanti le condizioni di vita e di vivibilità in ciascuna nazione sottoposta all’esame degli studiosi americani.

Ogni anno la tabella di questa impietosa indagine del Found for peace subisce modifiche, specie ai primi posti, dove si situano quegli stati africani che con Iraq e Afghanistan “vincono” per la tragicità del momento storico che attraversano.

Dando una veloce scorsa al modo con cui l’informazione ha riportato la pubblicazione dell’inchiesta (cosa molto agevole, vista l’esiguità delle testate trovate), sembra che l’unico dato ritenuto degno di nota sia stato il passaggio dell’Iraq dal quarto al secondo posto, degradato rispetto all’anno scorso.

Nessuno, a quanto pare, ha voluto commentare la posizione dell’Italia sola al 156.mo posto e pure con riserva, lasciate indietro dalle nazioni dell’UE con le quali dovrebbe essere a pari merito.

Infine (e qui si apre l’angolo della sborona) The Found for peace, per l’ennesima volta, riconosce alla Norvegia il profilo più virtuoso e la colloca alla 177-ma posizione, persino prima delle vicine sorelle (già parecchio virtuose) scandinave!

Il motivo del’orgoglio? E’ presto detto: aver preso, un giorno di qualche anno fa, la decisione più coraggiosa, dagli esiti più felici della mia vita!

Scegliendo di lasciare la mamma Italia per l’amica Norvegia, ho conquistato il primo posto nella categoria mondiale: “cittadini dei paesi felici”, eh, mica no!

Tags: Found For Peace, Foreign Policy, Italia, Norvegia

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6 luglio 2007

Democrazia ad personam

Le parole che seguono sono state trascritte letteralmente e provengono da uno degli interventi effettuati da Marco Pannella (riascoltabile qui), pronunciato domenica scorsa durante l’ennesimo comitato sfogatoio pannelliano:

“Pensavo che non fosse necessario a me, a parole, sottolineare, denunciare, dice qualcuno, sottolineare che probabilmente attraversiamo un momento straordinario, un’opportunità straordinaria di crescita della democrazia e di crescita dell’alternativa. Un momento straordinario in cui questo sta accadendo, o no, ma gli elementi oggettivi perchè questo accada, per dire questo sta accadendo, ci sono tutti...”

E’ impossibile credere che, nell’attuale momento storico più buio per la vita democratica dell’Italia, una persona sana di mente possa aver affermato questo concetto, specie se questa stessa persona è un politico ferocemente critico, oppositore fino quasi al suicidio, del “regime”!!

Eppure, d’improvviso, egli ha visto sorgere il sol dell’avvenire sul Mar Mediterraneo!?

Com’è potuto accadere? Semplice: finalmente, grazie agli amici potenti di oggi, il suo nome e il suo volto sono diffusamente circolati sui media, oltre i confini mai superati prima, nonostante i soliti digiuni.

Dopo l’aborto del partito transnazionale (diventato un’inutile ong succhiasoldi pubblici), Pannella aveva perso ogni speranza di acquisire la visibilità internazionale che da quel impossibile progetto si aspettava.

D’altronde Marco ha sempre misurato il grado di libertà di parola, di democrazia del “sistema Italia” con un metro preciso: se stesso!

E’ noto, infatti, che tutto è spaventosamente fascista quando lo esclude dai riflettori ma tutto diventa meravigliosamente liberale e democratico quando le telecamere si accendono su di lui.

Il pannellocentrismo governa il mondo politico del vecchio narciso, un mondo che riscuote l’ammirazione, spesso falsa e strumentale ma ancora più spesso cieca, ingenua e smodata, di parecchi (sempre di meno) laudatores.

Tuttavia, sia chiaro, Pannella non ama il potere, non è un uomo di potere, è solo compulsivamente e ossessivamente esibizionista e narcisista. Naturalmente, come tutti gli esibizionisti cronici, ha bisogno, in modo parossistico, di essere lui solo al centro dell’attenzione., Come tutte le primedonne dello spettacolo, odia chiunque altro del cast gli porti via la scena. In questo ha sempre avuto vita facile, tutto sommato; nessuno mai se l’è sentita di minacciare il suo territorio. Sempre, coloro i quali erano dotati di una personalità troppo spiccata, piuttosto che entrare in rotta di collisione con Marco o, peggio ancora, vivere una vita da militonti, hanno preferito tagliare la corda.

Solo Daniele Capezzone (un altro narciso della più bella acqua) si era velleitariamente e scioccamente illuso di poter scalzare dal centro del palcoscenico il devoto pigmaglione di ieri, infuriato nemico di oggi.

Le feroci invettive di Pannella, gridate fino a quasi perdere il respiro (ascoltabili sempre qui), sono solo un assaggio di come verrà implacabilmente, quotidianamente, inesorabilmente massacrato, fino a quando l’anziano leader non riterrà lavato l’affronto. Inutile dire che questo momento non arriverà mai: i soggetti con personalità così potentemente ossessiva sono dotate di una memoria indelebile! Solo le dimissioni da presidente della commissione attività produttive potrebbe, forse, limitarne la scarnificazione; un altro pannellaboy sta già scalpitando per soppiantarlo.

Ma a che giovano altri commenti su Pannella e i pannelliani?

Le parole riportate all’inizio di questo post descrivono meglio di tanti commenti la psicologia dell’on. Pannella, leggerle è un’esperienza quasi psichedelica!

C’è solo un’altra dichiarazione che lascia basito chi avesse avuto dimestichezza con il vecchio mondo radicale e appartiene al ministro prodiano più amato dagli italiani (!?): Emma Bonino.

Ecco, parola per parola, cosa ha detto domenica scorsa, parlando di quella serpe in seno di Capezzone:

“...vorrei non essere spiegata (ha detto proprio spiegata ndr.) come nel partito radicale si esce, si entra, ci si sta, ma non è un autobus, anche quando si entra e ci si sta si entra con delle regole e quando si esce si sta con altre regole....”

Quindi l’autobus che a ogni campagna iscrizioni veniva offerto a tutti, qualunque fosse la tessera di partito che tenessero già in tasca, qualunque ideologia o ideale professassero è ormai dallo sfasciacarrozze?

Quell’autobus sul quale si saliva per condividere anche solo un tratto di strada, senza per questo sottoporsi alle regole statutarie, ma in condivisione anche di un solo punto della mozione congressuale, si è stoppato e arrugginito per indisponibilità del conducente?

Il partito fondato sulla sabbia, come amava dire il suo leader, è diventato quindi un luogo dove si dovranno rispettare rigide regole che, d’ora in poi, non significheranno la mera osservanza di uno statuto (sconosciuto o dimenticato dai più) ma bensì la censura dell’iniziativa militante autonoma e il controllo ferreo sul diritto di agire secondo coscienza dell’eletto.

Che forse Leonardo Sciascia, Toni Negri o Cicciolina (per fare solo tre esempi) sarebbero dovuti sottostare ai rigidi controlli che una mozione particolare, molto maleodorante di massimalismo antidemocratico, prevede a partire da domenica 1 luglio 2007?

Un tempo Emma e Marco si scagliavano ferocemente contro le giunte dei probiviri comunisti, che scacciavano e ancora scacciano (vedi senatore Turigliatto) i compagni non allineati.

Evidentemente la ricreazione è finita e la robbba raccattata grazie all’alleanza coi social-cattocomunisti vale il sacrificio degli antichi propositi libertari.

Inoltre, vista l’inutilità della risicata base militante (confermata anche dall’ultima mozione generale), Pannella sa quanto sia più agevole per lui fare sul serio utilizzando gli stessi metodi degli alleati, dopo avere occupato e sfruttato le istituzioni e i suoi proventi!

Però, riletto ancora l’esordio del post: “...attraversiamo un momento straordinario di crescita della democrazia...” , anche noi, come l’ingenuo Candido, facciamoci convincere dall’ottimismo del nostro Marco Giacinto Pangloss e, ignorando le macerie intorno, illudiamoci di vivere nel migliore dei mondi possibili!

Tags: Pannella, Capezzone, Candido

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