30 gennaio 2006

Il re é tornato al Quirinale.

Sette anni or sono si é insediato a Palazzo Carlo Azeglio Ciampi I, della dinastia generata dai massmedia.Vi era entrato come Presidente della Repubblica a guardia della Costituzione italiana, da questa previsto e voluto entro precise prerogative e doveri ben delineati al suo interno.Forse sarà stato per colpa dell'art. 90 che recita: "Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni..." che si è fatto prendere la mano dagli eccessi e dagli abusi forte dell'immagine che tutti i media gli hanno cucito addosso giorno dopo giorno?
Il successo dà alla testa e probabilmente Ciampi é stato vittima dei continui bagni di folla che si riservano più ai reali che ai presidenti repubblicani. Prima di Pertini le cronache ci raccontano di inquilini del Colle che durante le loro visite presidenziali si limitavano a tagliare nastri e salutare e ringraziare le autorità locali e con grande pudore istituzionale evitavano contatti coi cittadini e men che meno rilasciavano lunghe dichiarazioni di fronte alle telecamere. Purtroppo con Pertini nacquero i presidenti nazional-popolari sempre alla mano e in favore di telecamera ma con Ciampi il divismo quirinalizio ha raggiunto vertici che i suoi predecessori non avrebbero neppure sperato. Questo Presidente si muove come un vero monarca, accompagnato dalla moglie anch'ella investita di autorità e autorevolezza che le discendono dalla stessa esposizione mediatica del marito. Infatti la regina Franca si alterna spesso al consorte in esortazioni a questo o a quello ricevendo in cambio inchini e contrizioni. La più eclatante fu quella sulla "tv deficiente" (una reprimenda alla Rai che incredibilmente prese persino la via della commissione di vigilanza).
La coppia reale si muove ovunque lasciando dichiarazioni e sermoni molto spesso gravidi di banalità e stucchevoli luoghi comuni ma che fanno tanto breccia nel cuore della gente. Tutto questo delirio di onnipotenza ha condotto Ciampi fino a questi ultimi giorni, quando ha commesso forse l'ultimo e il più palese atto incostituzionale e illegale del suo settennato, mirato inequivocabilmente a colpire il Presidente del Consiglio Berlusconi. Ciampi, come fosse davvero il re d'Italia, ordina, comanda e vuole l'inosservanza di una legge votata dal Parlamento, scendendo tra l'altro così nel pieno agone elettorale. Anche questa volta, come mille altre, l'uomo dei demagogici appelli alla concordia e al rispetto tra le parti é riuscito con le sue esternazioni a generare polemiche, scontri e ulteriore esasperazione del clima politico. Come é possibile pretendere che una legge, in questo caso quella della par condicio, sia applicata prima che entri in vigore? Una norma poi talmente assurda e kafkiana che non lede solo le più elementari regole democratiche ma getta nel panico pure gli operatori delle medie e piccole stazioni radio-tv, costretti a rinunciare ai dibattiti politici per non incorrere in incursioni della Guardia di Finanza alla ricerca delle centinaia di ore di registrazioni che la legge obbliga debbano essere accumulate e lasciate a disposizione delle autorità giudiziarie. Le pene sono severe e i rischi di incorrervi sono dietro ogni secondo in più o in meno, dietro un sospiro dal sen sfuggito o dietro un'espressione del viso poco consona, rilevati durante la conduzione di un programma. Di conseguenza gli spazi riservati ai partiti non si aprono, per cui molti candidati minori non hanno la possibilità di presentarsi agli elettori spendendo pochi euro ... alla faccia della par condicio! Tutto questo però non interessa il nostro popolare Presidente sceso ormai in campo al fianco del centrosinistra protetto da una dorata irresponsabilità. Molto ci sarebbe ancora da scrivere su Ciampi, per ora mi limito solo a ricordare che il geloso garante della Costituzione e quindi dell'art. 11 sulla guerra ha taciuto per oltre due anni prima di affermare (lo ha fatto ancora di fronte alle telecamere e solo a fine 2005) che l'Italia non é mai stata in guerra contro l'Iraq in quanto solo dopo che questa fu dichiarata finita (maggio 2003) i nostri soldati si recarono a Nassirja in missione di pace. Forse qualche sollecito e inequivoco messaggio alle Camere per affermare con forza questa verità assoluta avrebbe risparmiato al Paese decine di immonde manifestazioni con la criminalizzazione del governo e del suo capo. Il Presidente ha invece preferito tacere lasciando solo Berlusconi e favorendo le ridicole girotondate di Scalfaro e compagni sempre ripresi con la Costituzione in mano.
Aggiornamento
31 gennaio
Ecco il bellissimo articolo su Ciampi scritto da Mario Sechi

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27 gennaio 2006

Il mio dolcissimo gatto ...

Scusatemi! Ma dopo 16 anni di vita insieme, (e che vita) il mio bellissimo, dolcissimo, amatissimo gatto ha deciso di andarsene... Lo sta facendo lentamente senza ripensamenti. Si chiama Beniamino, per gli amici Benny e ora non riesco a pensare che a lui. -30 gennaio- Benny peggiora sempre ma nonostante tutto non sono pentita di essermi opposta alla sua soppressione. Ogni tanto mi regala un attimo prezioso di vitalità. Grazie infinite a tutti della solidarietà. Ora proverò a riprendere anche se con un pochino di fatica.

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25 gennaio 2006

Quando l'Ulivo andava a tutto gas

Questo editoriale é palesemente datato in quanto uscì sul quotidiano di Feltri in piena crisi Russia-Ucraina.

Credo tuttavia che, per come Forte ci riporta alle cause della nostra crisi energetica e alla nostra gas-dipendenza, l'articolo abbia mantenuto un'assoluta attualità.

Anzi, letto alla luce degli attacchi pretestuosi che oggi la sinistra muove contro l'attuale governo, offre argomenti per confutare e respingere al mittente quelle stesse accuse.

"Quando l'Ulivo andava a tutto gas"

di FRANCESCO FORTE - LIBERO

Con il no a nucleare e carbone l'Italia è stata spenta

Probabilmente non staremo al freddo e al buio, anche se la vertenza fra la Russia e l'Ucraina si è complicata e xl'invio di gas all'Europa occidentale da Gazprom si è ridotto di un quinto, cioè per noi di circa il 6 per cento del consumo totale. I russi sostengono che gli ucraini hanno preso illecitamente il gas spettante all'Europa in cambio del blocco di fornitura della quota di loro competenza. Gli ucraini sostengono che la Russia fa una messa in scena per porli in cattiva luce. La vertenza è grave, ma circoscritta.

L'effetto però è comunque costoso. Anche usare le scorte costa. E saliranno i prezzi di gas e petrolio all'origine, perché la canna la hanno i venditori, noi compratori dipendiamo da loro. Nel caso dell'Italia ci sono le gravi responsabilità del centro sinistra, che ha gestito la politica energetica italiana dal 1996 in poi generando una anomalia. L'Italia è il paese europeo che usa più gas, 66 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio contro 80 di petrolio (un tempo ne consumavamo cento) in quanto l'Enel brucia, nelle sue centrali, gas naturale, anziché come altri carbone, che costa assai meno e si potrebbe gassificare, con procedimenti tecnologici adeguati.

Importare carbone implica operazioni nei porti che agli ambientalisti non piacciono. Il gas naturale, essendo un prodotto di buona qualità per i consumi finali, non una materia prima, non dovrebbe essere usato per produrre elettricità di base, ma solo per quella di punta, con impianti agili, che entrano in funzione quando la domanda è anomala (ad esempio in piena estate a causa dei condizionatori). Ovviamente questo "ecologismo" si traduce in bollette più care. A questa lussuosa politica ambientalista, che solo negli ultimi anni l'Enel ha cercato di modificare, puntando sulle centrali a carbone, ma incontrando grossi ostacoli da parte dei poteri regionali, si è aggiunta una ulteriore contraddizione. È il caso del blocco da parte di Niki Vendola, presidente della Regione Puglia del grande impianto di rigassificazione del gas liquido, in nome dell'ambientalismo. Ciò significa che non si riesce a importare gas liquefatto trasportato dalle metaniere: un prodotto ampiamente disponibile sul mercato internazionale, dato che il gas esce dai pozzi di petrolio in modo naturale. Così mentre dipendiamo dal gas più di ogni altro paese, rimaniamo legati ai tubi, cioè a Russia, Algeria e Olanda, con i problemi di sicurezza che ora si vedono. Dovremmo sviluppare una politica energetica basata sul carbone, sul gas trasportato via mare (e quindi i rigassificatori) sul nucleare sicuro. Ora Prodi ha impostato la politica energetica del centro sinistra sul silenzio totale per il carbone, tema fondamentale per l'economicità della produzione elettrica dell'Enel e per l'autonomia energetica italiana. Così punta ancora eccessivamente sul gas, mentre in questo campo abbiamo toccato un livello massimo. Circa i rigassificatori dice che sono essenziali ma lascia alle Regioni il potere di decidere e il comunista Vendola in Puglia dice no. Poi dice che del nucleare si potrà parlare fra venti anni. E invece dopo la lunga moratoria in cui si son potute studiare le soluzioni adatte, sarebbe ora possibile sviluppare una strategia di nucleare sicuro. Consapevole delle lacune di questo programma, Prodi cerca di riempirlo con due puerilità come l'energia del vento e i pannelli solari. Che attualmente vengono sovvenzionati, in quanto anti economici e possono forse servire per produrre un due per cento della nostra energia. Ma è evidente che tutto ciò non basta. E che occorre anche dire un chiaro "no" "alla politica d'egoismo delle regioni (rosse) che attuano il principio "Nimby" : Not In My Back Yeard, non nel retro del mio giardino. Quanto a Prodi, che di fronte alla drammaticità della questione energetica si presenta con la soluzione dei pannelli solari e delle pale a vento, che dire? Ci viene in mente il "sole che ride".

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24 gennaio 2006

Povero Prodi, credeva fosse amore e invece era un calesse

Ieri per ben due volte, nello spazio di due ore, Romano Prodi ha convocato i giornalisti.In entrambe le conferenze stampa si é limitato a respingere le accuse che gli sono state rivolte in questi giorni da Silvio Berlusconi e dopo alcune altre dichiarazioni sullo scioglimento delle Camere ha salutato i giornalisti sottraendosi alle loro domande.
Questo modo di agire in campagna elettorale sembrerebbe più un disimpegno che un impegno del leader dell'Unione, una sorta di laconico disbrigo dell'ordinaria amministrazione imposto dal contratto.Eppure sono trascorsi poco più di tre mesi da quelle mitiche primarie che lo incoronarono (davanti alle telecamere di tutto il mondo, presenti per riprendere l'evento e diffondere le immagini delle lunghissime code ai seggi) leader unico e incontrastabile della coalizione di centrosinistra.Ricordiamolo, quel 16 ottobre fu funestato dall'avvenuta approvazione alla Camera della nuova legge elettorale avvenuta due giorni prima. Ma l'ostruzionismo al Senato e l'incognita Ciampi lasciavano ancora sperare.Prodi si guardava bene dall'ammetterlo e, mentre raccoglieva gli allori della vittoria, cercava di non pensare allo sconquasso che il proporzionale avrebbe portato dentro i delicati equilibri della coalizione. Eh sì, perchè alle primarie era arrivato dopo lunghe ed estenuanti trattative coi tanti partiti alleati famelici di collegi e di rimborsi elettorali.Tutto lo spartibile era stato spartito, salvo qualche rimasuglio per i pannelliani e i socialisti di Boselli che ancora non si erano accordati.Imponderabilmente con questa nuova legge il Cavaliere aveva rovesciato i tavoli dell'Unione e come diceva Bartali, "gli era tutto da rifare". Chiaro quindi che dietro tanto ostruzionismo parlamentare c'era questo inconfessabile dramma dell'Ulivo.Però nei giorni successivi alle primarie il leader vittorioso era ancora galvanizzato e pieno di entusiasmo per cui continuò nella sua cavalcata elettorale.Cominciò a sparare a zero contro il Presidente del Consiglio davanti ai giornalisti stranieri durante un suo tour in Spagna e in Inghilterra. Tornato a Roma convocò ancora i giornalisti della stampa estera per continuare l'opera di demolizione del Cav. su base internazionale, dimostrando, ahinoi, un pessimo senso dello Stato visto che attaccando così il Presidente del Consiglio eletto dagli Italiani, inevitabilmente feriva l'immagine dell'Italia tutta all'estero.Intanto si stava consumando un'altra terribile tragedia, quella dell'Unipol! Mai il professore avrebbe potuto immaginare che il comodo viaggio in autostrada verso la vittoria elettorale con apoteosi finale di un'Unione padrona dell'Italia e delle banche tinte di rosso, si sarebbe trasformata in un calvario di simili proporzioni.Certo essere combattuto tra Abete e Consorte non era molto comodo ma, si sa, la vita a volte é bizzarra.Arrivano le intercettazioni del Corriere e seguono le prese di distanza di Romano dagli alleati diessini.Quella che sembrava un piccolo smottamento si trasforma ogni giorno che passa in una vera e propria frana con l'intercettazione della telefonata tra Consorte e Fassino.Oltretutto nel frattempo Ciampi ha firmato la riforma elettorale proporzionale il 22 dicembre e tutte le speranze per salvare il "lavoro" fatto in precedenza sono perdute.Dal Congresso dei Repubblicani arrivano i lamenti di Prodi che, scantonando dai fatti Unipol, coop rosse e Ds, recrimina sulla fine dello spirito delle primarie e sul partito democratico che non si fa.
Il tutto tradotto significava: mi avevate illuso con promesse di collegi, deputati, il mio nome sulle schede e invece sono l'unico rimasto senza lista e senza candidati per fare almeno un gruppo parlamentare mio.Il partito democratico in effetti era solo un pretesto per aprire le trattative su quante circoscrizioni gli altri leader erano disposti a cedergli. D'altronde tutti erano consapevoli che sarebbe stato assurdo cambiare per l'ennesima volta il nome della coalizione a poche settimane dalle elezioni.La nottata sullo psicodramma prodiano finì con 15 circoscrizioni sicure, cioè 15 deputati garantiti.Il giorno dopo l'onorevole Finocchiaro su Skytg24, col tono della mamma che ha appena accontentato il bambino capriccioso, ebbe a rispondere a Maria Latella: "...15 deputati non sono pochi, alla Camera vi sono gruppi con anche meno iscritti..." , quindi...Insomma mentre il piccolo anatroccolo della favola diventa cigno, il nostro cigno diventa sempre più anatroccolo?Forse é dovuto a questo suo essere stato messo in disparte il suo smarcarsi dal resto della coalizione?Avrà notato anche lui che il giovane Rutelli impegnato nel faccia a faccia con Berlusconi lo ha appena velocemente citato sì e no tre volte nell'arco di quasi due ore di trasmissione?Sembra proprio che tutti corrano per sè e nessuno per Romano, ma non é detto che finisca qui. I ciclisti sanno fare anche le volate...i ciclisti però, le mortadelle un pò meno.

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Quote intelligenti e pulsanti al cento per cento!

E' nato!
Si chiama Quote Intelligenti ed é un blog voluto da alcune donne di Tocqueville.
Sarà animato dalle loro idee ma (già sta succedendo) arricchito dal contributo degli uomini.
Dopo l'Inyqua proposta di una burocratica quanto mortifera quota rosa del 25% di candidate donne nelle liste, per fortuna Lontana dall'essere approvata, lasciandoci quindi indietro questa Barbara prospettiva e con lo spirito di una Zanzara punzecchiante e stimolante, abbiamo creato questa Perla di novità.
 
(Grazie a Lo Pseudo Sauro per tutto quello che sopporta!)

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21 gennaio 2006

Berlusconi 2, la riscossa.

Il Berlusconi 1 era andato in onda a "Porta a porta"lasciando perplessi e in parte depressi molti estimatori del Cav., nel suo faccia a faccia con Bertinotti. Ricordo che il momento meno apprezzato era stato quello nel quale il premier aveva riferito degli incontri tra i leader della sinistra e i vertici delle Generali. Qui se n'era parlato a metabolizzazione dell'evento avvenuta. Ma ieri notte Matrix ci ha raccontato un'altra storia e un altro Berlusconi. Il giorno dopo quel "Porta a porta" il grande Watergate2000 ( post : "La grande depressione" ) si era chiesto chi consigliasse il presidente prima di andare in tv e oggi credo di poter rispondere io: nessuno. "Il ragazzo é studente che studia" ( come dettava Totò a Peppino ) e impara dagli errori. Non si é lasciato prendere dal nervosismo che Rutelli, col suo sarcasmo e gli sfottò da giocatore di scopone da osteria, tentava di provocargli. Essendo io di parte non pretendo di esprimere giudizi obiettivi sulla trasmissione ma che le ridacchiate, gli ululati e le battute facili e di cattivo gusto del leader della Margherita abbiano finito col danneggiare più lui che il Presidente del Consiglio mi sento di poterlo affermare. Ammetto che ogni volta che assisto ad un dibattito televisivo rimango basita dal sarcasmo, gli sfottò e le risatine che i rappresentanti del centrosinistra rivolgono immancabilmente ai propri avversari. (Credo che questa sia l'unica attitudine condivisa da tutti all'interno dell'Unione, partendo da Prodi, passando per Pecoraro Scanio e continuando con Angius). Questa volta però Silvio non si é sottratto allo scambio di battute (ma io sono sempre di parte) con le quali ha ironizzato, tra l'altro, sull'innegabile incoerenza politica di Rutelli. "Il computer vivente" come si é autodefinito un giorno il Cavaliere, non ha lasciato neppure una risposta in sospeso e il povero -"bello guaglione" non si é neppure accorto di aver fatto per tutta la sera il gioco dell'avversario permettendogli di dominare la scena come una spalla fa col primo attore. D'ora in avanti però il rischio maggiore che Silvio Berlusconi corre é quello, a mio avviso, della ripetitività dello schema comunicativo. Già durante la campagna elettorale per le europee finì con l'annoiare il pubblico recitando lo stesso identico copione ad ogni apparizione televisiva. Anche se é vero che nel 2003 la sua immagine era stata molto appannata mentre, al contrario, oggi il leader della Cdl si presenta "più bello e più grande che pria". Share della trasmissione: 32% con 1.960.000 spettatori ca.

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20 gennaio 2006

Poletti: una carriera esemplare nel grande partito azienda.

Si chiama Giuliano Poletti, dal 2002 é il presidente nazionale della Lega delle cooperative, é nato e cresciuto politicamente nelle sezioni e negli enti locali del partito comunista ed é l'esemplificazione perfetta di come il grande partito azienda pci-pds-ds ha sempre saputo valorizzare il proprio management, come si legge anche nel blog del Principe .
Un altro esempio? L'indignato a tempo pieno per i fatti Unipol, il senatore Lanfranco Turci che nel '92 lasciò la poltrona di presidente delle coop rosse per passare deputato del pds a coronamento di una carriera di manager, sia come dirigente del partito che delle aziende coop. Bisogna dire che anche per Poletti sembra che fosse pronto un seggio parlamentare per il 2006 ma purtroppo per lui sono intervenute due congiunture sfavorevoli: la riforma elettorale in senso proporzionale e lo scandalo Unipol.
Nell'infantile tentativo di sottrarsi alle accuse di collateralismo tra politica e cooperazione rossa i vertici dei ds, con estenuante fatica e tra nuove inaspettate difficoltà, hanno deciso di non candidare nessun dirigente di nessuna azienda, lasciando così il povero Giuliano senza il meritato premio aziendale che fu invece del suo predecessore e di tanti altri iscritti e militanti comunisti o post comunisti che a turno siedono nel Parlamento o nelle varie presidenze regionali.
Grazie ai canali di questo complesso vaso comunicante che alimenta partito, sindacato, giunte, industrie, economia e finanza dello stesso colore rosso, in un balletto di nomine assolutamente interscambiabili dove la fede al partito e le capacità manageriali sono valorizzate a discrezione dei dirigenti locali o nazionali dei Ds, é cresciuto a dismisura il più elefantiaco caso di conflitto di interesse tra politica e finanza che l'opinione pubblica abbia mai tollerato o ignorato.
Ma torniamo al nostro Giuliano Poletti e al caso Unipol. Bene, io confesso di essere rimasta colta dallo stupore nel leggere che il presidente di milioni di soci delle coop, il cane da guardia della loro vita lavorativa, dei loro risparmi e dei loro investimenti, nulla sapeva delle attitudini imprenditoriali di un personaggio suo compagno di partito come Consorte. Per cui, alla stregua di un qualsiasi babbeo da "Mi manda Raitre", a lui avrebbe affidato la gestione di parte dell'immenso tesoro racchiuso in quella cassaforte denominata Olmo. Ma suvvìa! Questa é davvero incredibile! I giornali hanno scritto, inchieste si sono fatte e da anni molti esperti amici e critici del finanziere Consorte ne raccontavano avventure e disavventure. Ma Poletti nulla sapeva e cadendo dal pero prende cappello e si dissocia anche da se stesso tessendo romantiche lodi di quel meraviglioso mondo della solidarietà e del lavorare per amore e nell'amore, disinteressatamente coordinato dalla sua Lega delle cooperative.
Ma le dimissioni no?

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18 gennaio 2006

Piero Fassino, tra realtà e finzione.

Altro giro, altra corsa, altra puntata di "Porta a porta"!! L'ho vista e a ogni intervento di Fassino sentivo rullare i tamburi che in ogni circo che si rispetti accompagnano le mirabolanti acrobazie dell'artista giocoliere. Ero incantata davanti alla tv, ammirata dalla stupefacente maestrìa oratoria con cui Piero si esibiva con totale sprezzo del pericolo, proprio come un vero giocoliere dell'arte della dialettica, cresciuto e ammaestrato nella pluri-blasonata scuola del Pci. Dalla sua bocca uscivano parole come stelle filanti che escano dalla bocca del prestigiatore senza che mai si riesca a svelarne il trucco. Io sotto quei riflettori vedevo unicamente il segretario di un grande partito, onesto, dedito solo alla politica dura e pura, senza collateralismi col mondo degli affari. Un partito altro e distante dalle banche e dalle cooperative rosse (chissà perchè le hanno chiamate così, allora?) costretto a volte ad occuparsi di economia e finanza ma solo per mero dovere istituzionale. Quanto é stato convincente! Quale fulgido esempio di trasparenza e correttezza politica! Un uomo probo a capo di un partito altrettanto probo. Ma quando gli ho sentito dire, per la seconda volta nel giro di una settimana, che lui, non da oggi ma da tempi remoti, si é formato l'opinione che le cooperative non possono più stare sul mercato mantenendo le attuali agevolazioni fiscali , mi sono risvegliata dal mio stato ipnotico. E d'un tratto ho capito che c'era il trucco e che Fassino cercava di farmi credere sul serio di essere disposto a farsi male da solo. Ho provato a ricordare una sola proposta parlamentare, una mozione congressuale, un'uscita pubblica dove i Ds si ponessero questa questione ma niente. Quel che invece ricordavo é la difesa che i disinteressati diessini hanno sempre fatto di quell' altro mastodonte, (esempio di altri scandalosi privilegi) di cui Piero é un "grande tifoso", cioè il sindacato. Allora mi sono riletta questo interessante articolo, questa relazione di maggioranza ulivista, poi gli atti del Senato qui e infine le proposte di legge di Forza Italia e Lega presentate alla Camera sempre al fine di ottenere, udite udite, la pubblicazione dei bilanci della triplice sindacale. (Trovo assurdo che in un Paese civile qualcuno debba sollecitare una legge del genere ma ancora più assurdo é che qualcun'altro si opponga ad essa.) Ora il ddl é di nuovo fermo in commissione e credo che se vincerà il centrosinistra ci rimarrà ad ammuffire ancora a lungo. A questo punto come può il segretario prestigiatore convincermi che un giorno lo vedrò impegnarsi in un'impresa ben più penalizzante e rischiosa per la sua coalizione, nelle vesti del riformatore delle sue care coop rosse? I trucchi di Fassino giocoliere che ho scoperto durante la trasmissione sono stati molti ma, sapete com'é, il ragazzo ha la querela facile e non vorrei... Scherzo, naturalmente, mica sono Berlusconi! P.S.: nel mio precedente post per due giorni é rimasto questo refuso: "le Generali detengono l'8% dell'Unipol". Chiedo scusa.

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15 gennaio 2006

Unipol: "Il caso non è chiuso!"

Per tre giorni mi sono angustiata e arrovellata il cervello assalita da un atroce dubbio. Tutto é cominciato con la puntata di mercoledì scorso di "Porta a porta" e con le parole di Silvio Berlusconi sul "tifo" dei Ds per l'Unipol. Ma perchè, mi sono chiesta, sfidando persino il bon ton istituzionale, il premier scende in campo, anzi in procura, di persona offrendosi così a ogni tipo di critica sia da parte degli avversari che degli alleati? Il Cavaliere mi stava scivolando nel giustizialismo da lui stesso per anni subìto e condannato? A quali risultati avrebbe portato un'esposizione mediatica tanto prepotente quanto equivocabile? Da ieri però questi "angosciosi" dubbi se non totalmente, in gran parte mi si sono diradati dopo che ho ascoltato e letto i resoconti sulla conferenza stampa convocata a Palazzo Chigi dal Presidente del Consiglio. "Il caso Unipol non é chiuso!" é stata la dichiarazione del premier che più di tutte mi ha "illuminata" sullo scopo fondamentale della sua presa di posizione. Hai capito il Silvio, mi sono detta! Che abbia visto chiaro il muro che si sta tentando di erigere tra l'opinione pubblica e il vergognoso malaffare che infogna la sinistra? Eccomi allora rivedere alcuni atteggiamenti molto sospettabili di fretta di chiudere il caso al solo fine, ancora una volta, di assolvere i Ds. "E con questo il caso é chiuso" aveva esultato sarcastico Massimo D'Alema dopo la smentita delle Generali sull'avvenuto incontro dei ds con i vertici della società che deteneva l'8% delle azioni BNL. E ancora: "La gente é stufa di sentir parlare di questa vicenda" aveva sentenziato ieri Piero Fassino ospite per due serate di seguito di Fabio Fazio su Rai tre . Ma anche oggi lo stesso Piero ha ribadito che d'ora in poi la sinistra parlerà solo di programmi lasciando alle spalle le sterili polemiche delle settimane scorse. Comodo, vero?. E che dire del direttore dell'Ansa Pierluigi Magnaschi il quale, dopo aver distrattamente seguito il servizio sull'Unipol che Vespa aveva mandato in onda durante la puntata di "Porta a porta" di mercoledì, aveva preferito spostare il discorso su Tremonti e la legge sul risparmio? Intervenendo dopo Magnaschi, Ferruccio De Bortoli(inspiegabilmente fuori tema) se n'era uscito addirittura con una domanda allusiva sulla massoneria (Berlusconi-P2) (?). Stamane Prodi ha cercato di cavarsela nascondendosi dietro le battute satiriche di un vignettista. Gli altri leader del centrosinistra si sono esercitati in acrobatici rivoltamenti di frittata tra un tentativo e l'altro di chiudere con ogni mezzo questa, per loro, pericolosissima vicenda. Per cui ora mi é più chiaro il disegno che gran parte del mondo politico e dei media sta rispettando diligentemente nel tentativo di spegnere i riflettori che si erano finalmente accesi sui conflitti di interesse della sinistra e delle sue vastissime contiguità col mondo degli affari e della finanza rossa... ...Ma mi é anche chiaro che il Cavaliere non ci sta e sa che l'unico mezzo che possiede per rompere questa ennesima ferrea consegna del silenzio tesa a salvare la sinistra, é quello di sfidare direttamente i suoi implacabili accusatori e criminalizzatori da oltre dieci anni. I rischi politici e personali che Berlusconi affronta sono evidentemente altissimi e chissà perciò se si tratta dell'ennesima sfida che, come tante altre volte é accaduto, lo vedrà vincente? Sperem! Aggiornamento "dal Corriere: di oggi- La nota di Massimo Franco Una campagna parallela per esorcizzare Unipol Prodi insiste sul partito unico anche per impedire al premier di dettare l'agenda"

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12 gennaio 2006

Cina crudele tra violenza e speranza

Questa mattina sono rimasta fortemente colpita dalle immagini che Barbara ha inserito nell'ultimo post del suo blog. Sono immagini orribili, testimonianza di un'altra tragedia che si consuma ogni giorno tra l'indifferenza e la paura del popolo cinese. Andate a vedere. Poco tempo fa anche questo blog si era occupato di Cina riportando la notizia riguardante il quotidiano "Notizie da Pechino" e dello sciopero dei suoi giornalisti. Ma nello stesso articolo si parlava anche di pena di morte e della violenza a cui i ragazzini cinesi vengono sottoposti costringendoli ad assistere all'orrore delle esecuzioni. Sugli sviluppi della vicenda dei giornalisti e sulla censura che il regime dittatoriale cinese ferreamente e capillarmente impone ai media tutti, ieri ho letto quest'altro post sul blog di Silvio convincimi. Per quanto io non le condivida completamente, trovo interessanti le conclusioni a cui Federico giunge scrivendo delle complicità dei colossi informatici occidentali offerte al regime comunista per soffocare ogni tentativo di libertà di espressione. Ma per chiudere questo mio sono andata a riprendere un post sublime della Zanzara che "infesta" Tocqueville dove si ride amaro con la cronaca del viaggio nell'inferno del Sol levante di un sempre indulgente Bertinotti (con le dittature comuniste, of course). Dopo aver visto e letto tutto questo é difficile non disperare su un domani migliore per un popolo che non ha mai conosciuto cosa sia vivere libero dalle oppressioni. Eppure qualche piccola ma inesorabile breccia si sta aprendo tra le strettissime maglie della feroce censura comunista e, in forza di quelle, anche se non sarà nè domani nè dopodomani, questo regime potrebbe, secondo me, un giorno non troppo lontano, capitolare.

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11 gennaio 2006

Prodi accellera sul programma che c'é, anzi no, forse nì.

Noi del centrodestra, donne e uomini di poca fede, non ci avevamo mai creduto all'esistenza del programma dell'Unione! E invece...
E invece avevamo ragione. L'ulteriore prova ce la dà la cronaca quotidiana della politica dalla quale apprendiamo che ieri e solo ieri Romano Prodi ha fatto depositare sui tavoli di tutti i leader della coalizione un malloppo di 274 pagine fitte fitte di progetti miracolosi per il futuro dell'Italia.
Dodici capitoli che salveranno il mondo degli affari...interni ed esteri della Nazione.
Qualche esempio:
via i nostri soldati dall'Iraq,
via il ponte sullo stretto di Messina,
via la legge Biagi,
vai con la patrimoniale,
vai con i pacs,
vai con le vecchie norme sul falso in bilancio...
Finalmente tutto é deciso si dirà nella cdl, macchè, i verdi e i comunisti parlano di tradimento degli accordi,per cui interviene Papini (l'orditore) che rassicura: "si tratta solo di una bozza, possiamo sempre fare le modifiche ..." (?)
Ma allora? Allora lo si fa tanto per far tacere un pò le lingue troppo occupate a parlare ogni giorno di malaffare della sinistra.
Ergo, più che un programma per governarci, un tentativo per sviarci.
Ma noi aspettiamo...

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9 gennaio 2006

La superiorità morale di Fabrizio Quattrocchi

La superiorità morale di un coraggioso uomo di destra. La superiorità morale di chi ha difeso fino all'ultimo la sua dignità. La superiorità morale di chi pur disarmato non si é sentito impotente. La superiorità morale di chi con lo sguardo ha sferzato gli occhi dei suoi carnefici. La superiorità morale di chi nell'ultimo impeto di generosità sconfinata ha detto al feroce nemico che noi Italiani siamo tutti capaci di morire come lui perchè coraggiosi come lui. Quando stasera ho visto le immagini eccezionali di Fabrizio che parlava da condannato a morte a "Dopo il -tg" mi sono sentita una nullità. Poi ho visto le immagini del tg2, con le facce incredule dei leader della sinistra che ancora non si rendono conto di essere stati, dopo decenni di indisturbate ruberie un pò legalizzate e un pò no, scoperti e moralmente svalutati. Eccolo lì il "popolo di sinistra" moralmente superiore, quello che, mentre Quattrocchi moriva dedicando anche ad esso l'ultimo orgoglioso pensiero, lo insultava e scherniva criminalizzandolo. Quel "popolo della sinistra" scalfariana che teme di confrontarsi con gli Agliana, Stefio, Cuppertino e Quattrocchi, forse perchè il contrasto lo farebbe sentire molto meno moralmente superiore. E infine che dire di Al Jazira che censurò l'ultima frase di Fabrizio? Forse (un altro forse) la tv che ha sempre esaltato i crimini dei terroristi, l'aveva ritenuta troppo scomoda e umiliante per la loro causa? Ma di questo quante volte si sarà discusso.

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7 gennaio 2006

Sull'Unipol e il costo zero del brokeraggio dei sindacati.

Per la serie qui non ci siamo mai fatte mancare nulla, da liberale, individualista e antipatizzante di sinistra e del sindacato in particolare, un giorno volli provare (con grande sprezzo del pericolo a cui sottoponevo il mio equilibrio psichico) ad "infiltrarmi" nel sindacato. Fu un'esperienza tragica che però mi permise di conoscere direttamente cosa sia un'organizzazione sindacale e quanti e quali abusi e privilegi ne fanno la sua straordinaria fortuna. Di quell'esperienza oggi posso raccontare l'episodio che riguardò l'Unipol e come funziona il brokeraggio a costo zero di cui si é sempre avvantaggiata a scapito della concorrenza.
 Non spiegherò perchè venni eletta nel direttivo della Fisac-Cgil, sarebbe troppo lungo e autoreferenziale, ma fu per questo mio ruolo che il segretario r.s.a. mi telefonò quel giorno annunciandomi la fine degli scioperi e la firma del nuovo contratto integrativo di lavoro. Dopo aver tirato un bel sospiro di sollievo riattaccai e iniziai il passaparola col classico "seguirà volantino e assemblea generale"". Questa volta, oltre al solito aumento di stipendio, il sindacato aveva ottenuto una grande conquista, un'assicurazione integrativa che avrebbe coperto le spese mediche dei dipendenti e dei loro stretti congiunti. Le polizze sarebbero state stipulate dall'azienda per nome e per conto di noi impiegati, alle migliori condizioni offerte dal mercato assicurativo. Si trattava di uno splendido successo per il sindacato azionista dell'Unipol! Confesso che di queste cose non mi ero mai occupata prima e nulla conoscevo di assicurazioni private ma quella fu l'occasione che mi permise di colmare la lacuna.
Inevitabilmente si scatenò la guerra tra la direzione generale della banca e le oo.ss. La prima voleva scegliere la compagnia assicuratrice secondo criteri aziendali tenuto conto del fatto che i costi maggiori dell'operazione erano tutti a suo carico. Ma i sindacati si opponevano rivendicando il diritto di veto in forza della piccola quota che il dipendente avrebbe comunque dovuto sborsare.
Le filiali dell'azienda di credito dove allora lavoravo sono sparse in tutta Italia e qualche migliaio di nuovi clienti in un colpo solo era un'allettante prospettiva per l'Unipol e le altre tre compagnie concorrenti. Era l'inizio degli anni '90 e quasi nessuno conosceva chi e cosa ci fosse dietro l'assicurazione delle coop rosse.  Grazie a questo vantaggio i sindacati potevano agire come normali broker celandosi dietro la  "difesa degli interessi dei lavoratori" senza rischiare accuse di abuso di posizione di privilegio e conflitto di interessi.
Per settimane la polizza del proletariato fu sulle scrivanie di tutti gli impiegati che venivano pure convocati in assemblee  con vari o.d.g. Naturalmente il fine primo era sempre la demonizzazione dell'azienda e dei suoi rapporti con le fameliche assicurazioni private che solo l'Unipol, la sua disinteressata missione mutualistica finalizzata esclusivamente al bene del lavoratore nella più completa trasparenza e onestà, poteva contrastare. In quanto delegata Fisac dovevo entrare spesso nella saletta sindacale che in quei giorni sembrava più un'agenzia di rappresentanza Unipol che dei lavoratori. Dall'altra parte del telefono col segretario cgil la domanda era la solita: quante ne hai fatte oggi (di polizze) e la risposta era sempre ottimista. Spesso le iniziative e l'arroganza dei sindacalisti superavano il limite delle loro prerogative ma tutti eran ben consapevoli che l'art. 28 dello Statuto dei Lavoratori (attività antisindacale) li avrebbe tutelati da ogni reazione della Direzione. Infatti la frase "...ci provino e un bel 28 non glielo toglie nessuno!" echeggiava spesso da quelle parti.
Allora ingenuamente credetti di dover denunciare tutto questo finendo così davanti ad una specie di tribunale di inquisizione, novella Giovanna D'Arco.
D'altronde avevo voluto io giocare col fuoco e un rogo era il minimo che mi potesse capitare.
Scherzi a parte quello che trovo incredibile che le tre confederazioni sindacali abbiano un intreccio di rapporti con l'Unipol che va dall'esserne azionisti, clienti, broker e controparte nei conflitti all'interno dell'azienda nel ruolo di sindacati di categoria.

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4 gennaio 2006

Stoccafisso e baccalà!

Non illudetevi! Non sta passando l'ambulante col carretto del pesce secco e non ho neppure intenzione di darvi le ricette della nonna coi mille modi di cucinare questo saporitissimo prodotto norvegese.  
Chiarito questo vi confesso che mi ero ripromessa di non parlarvi mai della mia Norvegia, nè bene, nè male. Il mio rapporto con questo splendido Paese é nato in un idillio che continua ancora, dopo sei anni, per cui tutto ciò che accade intorno a me lo osservo acriticamente.
Se un giorno finirà questa luna di miele e se scriverò ancora da queste parti magari ve ne parlerò compiutamente, anche se so che, per quanto possa essere lucido, il mio punto di vista sarà sempre parziale e soggettivo.
Questa però ve la voglio proprio riferire:
ieri sera su NRK1 (si pronuncia anarcò ed é il I canale della tv pubblica), durante il tg della sera si é parlato dell'Italia in termini pochissimo lusinghieri.
Il servizio era dedicato alle proteste della Norges Transportforbund (associazione norvegese dei trasportatori) che da sempre si occupa anche del trasporto di tonnellate di stoccafisso e baccalà dirette alla principale acquirente europea, l'Italia, appunto. I camionisti sono inferociti (per come possono essere inferociti i freddi scandinavi: giusto leggermente alterati) perchè da anni, quando col loro carico si trovano a percorrere l'autostrada nei pressi di Napoli vengono troppo spesso assaliti da uomini bene armati, minacciati anche coi mitra e ripuliti di tutti i quintali di tørrfisk e bakalao destinati alle aziende del napoletano.
Il fenomeno é talmente devastante che le compagnie assicuratrici norvegesi ormai si rifiutano di coprire questo tipo di danno. Ma la parte del servizio del tg che più mi ha sconcertata riguarda le conclusioni a cui sono giunte le vittime di queste rapine a catena: "Noi crediamo che la polizia italiana sia complice dei rapinatori" hanno dichiarato i rappresentanti dei camionisti davanti alle telecamere della tv di Stato.
Un autista ha raccontato che i poliziotti sono arrivati in suo soccorso solo otto ore dopo la fuga dei banditi col ricchissimo bottino e questo, diceva, nonostante il fatto che siano attivi tutti i sistemi satellitari per un'immediata individuazione del luogo della chiamata.
Vedete, questo é un Paese con un tasso di criminalità davvero basso e anche il furto di un'autoradio può finire in prima pagina, immaginate quindi cosa può rappresentare per l'opinione pubblica norvegese anche uno solo di questi crimini che si ripetono con inaudita frequenza senza che nessuno tuteli i loro bersagliati connazionali.
Insomma é un bel danno di immagine per l'Italia, non c'é che dire. E allora, qualcuno mi avverta Pisanu, please! 

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2 gennaio 2006

Siamo noi i Kulaki del 2000?

Negli anni trenta il mondo non potè assistere allo sterminio dei contadini Kulaki ucraini che rifiutarono la collettivizzazione pianificata dal "nuovo ordine socialista" nato con la rivoluzione russa.
Stalin sigillò i granai e tolse ai contadini ogni fonte di sostentamento. Ne seguì una carestia che causò la morte di milioni di innocenti.
L'Ucraina di oggi non teme più Stalin ma si trova ancora una volta sotto il ricatto del Cremlino che usa l'arma del gas come in passato usò il grano.
Di certo la storia non si ripeterà ma é inquietante vedere il riproporsi di quei metodi punitivi che oggi vogliono colpire un popolo che guarda finalmente agli USA e alla democrazia.
In questi giorni ho seguito nell'informatissimo  blog di Mario sechi, la genesi e gli sviluppi della crisi tra Mosca e Kiev, senza perdermi le analisi geo-economiche di Carlo Stagnaro e dei 2Twins.
Questi tre intelligenti analisti hanno disegnato uno scenario realistico quanto preoccupante per noi Europei ma soprattutto per l'Italia che si trova ad affrontare una crisi energetica grave e imprevista, scoprendosi priva di risorse proprie.
A questo punto mi chiedo, tra il serio e il faceto, considerando le debite differenze e proporzioni, non é che a causa della nostra totale dipendenza dal gas asiatico, dal petrolio arabo e, aggiungo io, dal nucleare francese stiamo rischiando di trovarci un giorno ad affrontare le stesse paure dei contadini Kulaki?
Temo che in Italia si stia perdendo tempo a rincorrere energia solare e orribili torri eoliche, tirando a campare nella speranza dell'immutabilità degli equilibri geo-politici.

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Sciopero dei giornalisti? Sì ma in Cina!

La bella notizia la potete leggere in tutta la sua completezza su Il Giornale del 31 dicembre: i giornalisti del quotidiano Notizie di Pechino sono scesi in sciopero per protestare contro il licenziamento del loro direttore.
Il regime comunista cinese che ha un controllo ferreo su tutta l'informazione non ha tollerato oltre l'atteggiamento poco "conservatore" di questo quotidiano che si stava facendo conoscere anche nel mondo libero d'occidente.
Già parecchi mesi fa ne lessi nel blog di Phastidio per via di un articolo di cronaca.
Ma i giornalisti del Notizie di Pechino sono anche quelli che hanno fatto conoscere al mondo l'ultima strage di Dingzhou per mano dellapolizia rossa.
Ma non basta, il quotidiano aveva pure lanciato una campagna contro la pena di morte per i reati economici.
"In Cina le scolaresche vengono accompagnate in gita nei luoghi delle esecuzioni capitali affinchè vi assistano".
Dopo l'attacco a questo coraggioso giornale l'ondata di repressione da parte del governo comunista cinese sulla libertà di informazione si é, ancora una volta, riversata su internet e i blog sono stati chiusi tutti per impedire loro di diffondere la notizia all'interno e oltre confine.
Forse una rondine non fa primavera ma chi scrive é un'inguaribile ottimista ed é convinta da tempo che neppure una dittatura feroce come quella cinese potrà più fermare la libera circolazione delle idee che corre insieme al libero mercato.

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